
Giovani in crisi dopo il Covid, una nuova emergenza medica: l’altra faccia della pandemia che nessuno vuole vedere - interviu.it
Dopo il Covid nessuno si preoccupa dei giovani in crisi, scatta una nuova emergenza medica a cui nessuno però fa caso e vuole notare.
Nessuno ne parla più, eppure l’emergenza è sotto gli occhi di tutti. Dopo il Covid, i giovani stanno vivendo un’ondata silenziosa ma devastante di disagio psicologico. Non parliamo solo di un aumento della tristezza o dello stress da scuola, ma di veri e propri segnali di collasso: ansia cronica, depressione, disturbo alimentare, solitudine estrema.
Una condizione allarmante che non nasce dal nulla, ma è il risultato diretto di anni di isolamento, incertezze e legami interrotti. Il nuovo Piano nazionale per la salute mentale 2025-2030 prova a mettere qualche toppa, ma mancano le risorse. E intanto, i giovani continuano a soffrire.
Nuova emergenza dopo il Covid: giovani in crisi e la salute mentale
Il Piano Pansm si basa su un approccio “biopsicosociale”, un termine che vuol dire considerare la salute mentale non solo come un fatto medico, ma anche come risultato di fattori sociali, relazionali e psicologici. Un bel passo avanti. Si parla di prevenzione anche dal medico di base, di coinvolgimento delle famiglie, di lotta allo stigma e di servizi integrati sul territorio.

Il problema? Mancano i soldi. Le regioni sono chiamate ad approvare un piano che, di fatto, non ha risorse reali. E senza personale, centri adeguati e supporto economico, tutto resta sulla carta. Intanto, le differenze tra Nord e Sud diventano sempre più evidenti: in alcune aree, trovare uno psicologo convenzionato è un’impresa.
In attesa di politiche concrete, ci sono azioni quotidiane che possono fare la differenza. La scuola, per esempio, può diventare un presidio di ascolto, introducendo sportelli psicologici stabili, non solo “a progetto”. I genitori, dal canto loro, devono superare il tabù del “mio figlio non ha niente” e imparare ad ascoltare davvero: dietro un ragazzo che dorme tutto il giorno potrebbe nascondersi molto più di una semplice svogliatezza.
E poi c’è il ruolo degli amici, dei compagni, della rete sociale. Un messaggio, una chiamata, una chiacchierata sincera possono cambiare l’umore di una giornata. O forse anche qualcosa in più.
Il disagio mentale giovanile è la vera eredità della pandemia e ignorarlo è un errore che non possiamo più permetterci. Servono fondi, sì. Ma anche empatia, ascolto, educazione emotiva. Perché dietro un ragazzo silenzioso potrebbe esserci una richiesta d’aiuto che non sa come esprimere. E che se raccolta in tempo, può fare tutta la differenza del mondo.