Serata
musicale in
omaggio
ai grandi autori della
L’Associazione
Culturale Interviù, nata a Napoli nel 1996 col proposito di
divulgare "on line" attraverso l’omonimo sito web "www.interviu.it" luoghi, cultura e filosofia di vita partenopea,
ha allestito una mostra
virtuale sulla canzone napoletana tradizionale, basata su
documenti inediti, fotografie ed interviste ai figli e parenti di
alcuni grandi autori - musicisti e poeti - della canzone
napoletana.
La canzone napoletana rappresenta il vero e
proprio biglietto da visita della Campania, dal punto di vista
socio-culturale, artistico e turistico. Pertanto, ben venga una
manifestazione come “...e m’arricordo ’e te!”, che in forma di
serata spettacolare riesce a proporre anche contenuti realmente
culturali a un pubblico più vasto possibile. Teresa
Armato
La memoria delle tradizioni storiche e artistiche della nostra città rivive in occasione delle iniziative promosse dall’Associazione Interviù: la serata musicale “…e m’arricordo ’e te!”, giunta alla seconda edizione, è una testimonianza di quanto sia importante valorizzare la tradizione correttamente coniugata con la modernità. Le mostre interattive, i continui aggiornamenti on-line, la diffusione delle immagini via webcam rappresentano un prezioso strumento che permetterà ai meno giovani, vicini e lontani, di rivivere emozioni del passato e ai più giovani di scoprire un affascinante aspetto della società napoletana al riparo dalle contaminazioni stereotipate che a volte hanno un pò semplificato l’immagine della tradizione napoletana e, di conseguenza, della città. Nelle nuove sale del Gran Caffè Gambrinus restituite al pubblico di recente rivivrà, grazie al lavoro di Interviù, quell’atmosfera magica e affascinante che ha contribuito a rendere Napoli un punto di riferimento nel mondo per la cultura, la canzone e la letteratura. Amato
Lamberti
Desidero rivolgere agli
organizzatori della seconda edizione della manifestazione canora “…e
m’arricordo ’e te!” il mio compiacimento per l’omaggio che hanno
voluto fare alla canzone napoletana. Rosa
Iervolino Russo
L’Associazione Culturale Interviù, dopo il successo della prima manifestazione canora “…e m’arricordo ’e te!”, svolta lo scorso anno nei saloni del Gambrinus, ha organizzato il 18 ottobre 2002 la II edizione. I momenti più significativi della serata e la mostra iconografica allestita in tale occasione, saranno riportati nella rubrica www.interviu.it\canzone.htm contenente già un’ampia rassegna di fotografie, filmati, documenti ed interviste inedite. Con tale iniziativa Interviù intende dar voce agli eredi degli autori - anche quelli emigrati - e diventare punto di riferimento per indirizzarli alla costituzione di un'Associazione/Fondazione di soli congiunti con l’obiettivo di tutelare la memoria storica dei loro avi e promuovere adeguate iniziative culturali tese a valorizzare il grandissimo patrimonio rappresentato dalla canzone napoletana. La serata sarà trasmessa in diretta webcasting per consentire ai molti collegati in rete di assistere all’evento. Un ringraziamento è rivolto alle famiglie coinvolte per la disponibilità dimostrataci, agli Enti patrocinanti e a coloro che hanno creduto in questa iniziativa e consentito così ad Interviù la buona riuscita della manifestazione.
Gian Carlo Garzoni PROGRAMMA DELLA SERATA
Per questa seconda edizione l’omaggio sarà rivolto a sei poeti e
musicisti, le cui composizioni sono assolutamente significative nel
panorama della canzone napoletana.
"Torna a Surriento": quest'anno è l'anniversario della famosa canzone composta dai fratelli DE CURTIS. Pubblicata nel 1904, Torna a Surriento era nata due anni prima con un testo differente. Nelle intenzioni si trattava di una semplice canzone d'occasione, composta in quattro e quattr'otto da Ernesto De Curtis sui versi scritti da suo fratello Giambattista con una finalità assai pratica: approfittare del passaggio a Sorrento dell'allora presidente del consiglio Giuseppe Zanardelli e convincerlo amabilmente a interessarsi di persona ai problemi di una città priva quasi di tutto, persino di un ufficio postale. Si fece appena a tempo e prima di rimettersi in viaggio il politico poté ascoltare le note di Torna a Surriento da un'orchestra allestita a tempo di record: la raccomandazione musicale funzionò, visto che quando la canzone uscì nella sua versione definitiva, i sorrentini avevano già dove poter imbucare la propria corrispondenza. Omaggio agli autori
Appunti sul Maestro
Enrico Cannio, nato a Napoli nel 1874 ed ivi deceduto il 30 gennaio
1949. Federico Cannio
Nacque il
23.07.1877 da Pasquale Testa Piccolomini e Concetta Saracino. Studiò
all’Istituto Chierchia dove mostrò subito le sue doti di poeta ed
improvvisatore. Quindi s’iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza che
lasciò ad un anno dalla laurea per dedicarsi all’arte che studiò al
teatro Eden. La sua prima poesia la compose a soli 12 anni, la sua
prima canzone fu “Funesta ’Nchiusa” musicata dal maestro De
Crescenzo cui seguirono molte altre. Poi cominciò a musicare lui
stesso le sue canzoni e nel 1918 scrisse “Come Pioveva”, “O
Zampognaro ’Nnammurato” e “E quatte ’e Maggio”. Grande
intrattenitore, fine dicitore, poeta, ebbe molto successo in tutta
la sua carriera artistica. Nel 1943 dopo aver presentato la
Piedigrotta, si ritirò dalle scene e morì nella notte tra il
31.12.’44 ed il 1.1.’45 lasciando grande rimpianto nella famiglia ed
in quanti lo apprezzarono. Maria Rosaria e Gaetano De Maio Testa
Vincenzo d’Annibale
(Napoli 22.05.1894 - 14.04.1950). Nostro padre conseguì il diploma
al Conservatorio di S. Pietro a Maiella nel 1913. Si dedicò alla
musica classica ottenendo subito, malgrado la giovanissima età, un
grande successo tanto che ai suoi concerti interveniva la Nobiltà e
la migliore borghesia napoletana. Gli fu proposta la direzione del
Conservatorio di Mosca ma, essendo in procinto di sposarsi, rifiutò.
Nel 1918 sposò nostra madre Concetta Longino, donna di stupenda
bellezza, cuore d’oro e portamento regale che lo rese felicemente
padre di 6 figli che lui amava chiamare “i miei gioielli”. Nel 1925
musicò “’O Paese d’o sole”. Nella Piedigrotta di quell’anno
gli organizzatori non la apprezzarono e la fecero cantare da
un’esordiente, la giovane Leda Ledi. Fu un successo strepitoso e le
sere successive i cantanti affermati che avevano in precedenza
rifiutato, volevano ora cantarla. Ma nostro padre disse “No!
Continuerà a cantarla Leda Ledi”. Da direttore e concertista nel
1926 organizzò la “Serenata in onore del Principe Umberto” che volle
conoscerlo personalmente ricevendolo a Corte. Per noi è stato padre,
fratello, amico e consigliere. Ci ha colmato d’amore, comprensione e
benessere. Nel 1930, essendo figlio unico, dovette prendere le
redini dell’industria guantaia del padre Luigi e in pochi anni
conquistò il mercato internazionale. Maria e Alba d’Annibale
Francesco Fiore, nato a Napoli il 12.01.89 e morto il 14.12.54 è stato a giusta ragione uno dei grandi della canzone napoletana. Dotato di bell’aspetto era molto richiesto nei salotti bene dove declamava con maestria le sue belle poesie, che riflettevano tutte uno stato d’animo, una gioia, un dolore. Sensibilissimo come tutti gli artisti, da giovane, innamorato della donna che divenne sua moglie, Anna Russo, e che gli darà 12 figli - compresa me - le dedicò al suo onomastico una bellissima quartina nella quale invitava il sole a posarsi su di lei e darle per lei un bacio, un augurio. Più avanti, con gli anni che passano e la famiglia che aumenta, scrive: Pazzianno pazzianno, dove dice che scherzando scherzando ora si ritrova 10 figli. Poi ancora: ’E cammurriste, dove parla sempre dei figli, delle preoccupazioni che danno, ma finisce dicendo che sono piezze ’e core. Qualsiasi fatto importante lo ha eternato in versi, infatti bellissima è la lirica dove maledice la guerra: guerra che abbruce peggio ’e ’na furnace, guerra, stu core mio te maledice. La più sentita di tutte è “Casa mia”, scritta dopo un lungo periodo di forzata lontananza da tutti noi, dove si avverte la gioia dell’uomo, del padre che ritrova tutti i suoi figli, la moglie e la casa dove nel bene e nel male ha vissuto tutta la sua vita. Anna Maria Fiore
Mio padre diceva che eravamo un bouquet di fiori, ma certo il più bel fiore è stato mio fratello Renato, nato nel ’23, morto l’8 aprile del 1985. Mio fratello è stato un uomo al di sopra delle meschinità, delle brutture, per lui tutto era sentimento, amore, gioia. È morto ancor giovane, consapevole del male che aveva, non si è mai lamentato, anzi ringraziava Dio che in un simile momento gli dava vicino la famiglia che lui adorava. Anche lui come mio padre ha eternato in versi i momenti più salienti della sua vita. Bellissime sono le poesie scritte in occasione dei matrimoni di famiglia, specialmente della figlia Anna nella quale traspariva tutto il dolore di un padre che sa che la figlia ormai prende la sua strada ma anche la gioia nel constatare la felicità per questa figlia. Ogni occasione gli dava lo spunto per eternare in versi le sue emozioni, un’alba, un tramonto, un addio, un dolore, un amore. Una volta che si trovò tutto solo a pregare in una chiesetta, scrisse la bellissima “Chiesa ’e campagna” che gli valse il primo premio nazionale di poesia. Le sue canzoni sono bellissime, basti ricordare: Suonno a Marechiaro, L’urdemo raggio ’e luna, Ma pecchè, Senza ’e te. Sono questi versi che fanno di un uomo un poeta, un grande poeta. Con amore tua sorella. Anna Maria Fiore
Mio padre non amava raccontare di sé, anzi, questa sua smemoratezza sembrava compagna necessaria alla sua creatività: se pressato dalle nostre richieste, poteva allestire dei “teatrini” ora poetici, ora buffi, su episodi della sua infanzia e della giovinezza. Come il racconto della fuga - lui bambino di sei anni, con un grande canestro in testa - sotto una pioggia di pietre, cenere e lapilli durante l’eruzione del Vesuvio del 1906. O gli accenni alla sua scapestrata vita scolastica, alla bocciatura che lo costrinse in un collegio a Nocera Inferiore, di dove scappava dalla finestra per andare a sognare sui prati, lungo un ruscello. Dei tempi di un secondo collegio a Napoli, nei pressi della chiesa di Donnaregina, riferiva del tormento per la passeggiata quotidiana dei collegiali in divisa nera lungo l’elegante via Toledo; infine la conquista della licenza liceale non tanto per meriti suoi quanto per i buoni uffici dei vini paterni. Anche per descrivere i suoi rapporti con il mondo artistico preferiva affidarsi all’espressività di un episodio, di una scena ricreata per immagini, come l’incontro con Giuseppe Cioffi così ricreato dalle sue parole: “E’ noto che Scalinatella è una canzone di Bonagura e Cioffi. Non lo negano gli autori ma ritengono e confermano di non averla mai scritta. Manca cioè lo spazio di tempo nel quale una cosa divenga pensiero, poi parola o nota, poi frase e poi componimento tenuto sotto sorveglianza perché non sfugga e infine quel che rimane scritto. Andavo a casa di Cioffi una sera, a piedi, ero giovane e mi piaceva camminare. Percorrevo via Toledo e tracciavo senza fermarmi delle parole sulla carta, che avevo già, così come mi venivano a mente, un certo suono e una certa cadenza che rendevano più veloce e più cadenzato il mio passo. Giunto a casa dell’amico e sedutomi al suo fianco, ho a più riprese posto quel foglietto accanto al piatto dove egli mangiava. Niente. Finse sempre di non percepire il mio invito a leggere. Finito il pranzo, con calma egli si alzò, sedette al pianoforte e suonò Scalinatella con le stesse note che tutto il mondo oggi conosce. Io non rifeci e non aggiunsi, non sostituii mai alcun verso”. I suoi contatti con i grandi personaggi della canzone e del teatro, improntati da stima e affetto, seguivano comunque l’andamento umorale così comune negli artisti, ma senza cedere agli effetti di invidie e gelosie, grazie ad un fondamentale rispetto per sé stesso e per gli altri come uomini d’arte. A questo accennava con ironia in una intervista televisiva col dire: “Noi artisti non tradiamo per un milione o per un miliardo, ma continuamente e gratuitamente, perché siamo gli esseri più incostanti e volubili della terra”. Molti di quei legami comunque durarono negli anni come l’amicizia con Giuseppe Marotta, legato a mio padre da una fortissima sintonia e che scrisse: “quando sarà venuta l’ora mia voglio addormentami con una poesia di Enzo sotto il cuscino”. Non erano i fatti materiali né tantomeno quelli economici a dargli qualche pensiero, ma piuttosto e sempre la qualità delle cose, il diffondersi del banale e del “brutto”. A questo proposito aveva idee chiarissime, una lucidità e larghezza di giudizio anche fuori del suo campo, che si traduceva il certezza assoluta. Se gli si chiedeva il perché della sua poesia rispondeva di aver cercato di scrivere come nessuno aveva scritto, per non somigliare a nessuno; e sulla strada futura consigliava di risalire alle origine del canto popolare, rinnovandolo col cercare nell’aria, nei sentimenti schietti, nel costume: perché Napoli ha una canzone nel cuore, vitale, che può continuamente essere rigenerata. Maria Cristina Bonagura
Cantanti
Al pianoforte
Partecipano
Direzione artistica di Salvatore Palomba; materiale iconografico di
Roberto Cortese e Ugo Mollo;
Delia Catalano, nipote di E.A. Mario, canta dal 1974 esibendosi in molti circoli napoletani ed ha cantato anche all’estero. La prima canzone cantata in pubblico è stata Cantano ll’emigrante, con versi e musica di E.A. Mario. Ben presto ha scoperto gli altri autori, tra i quali predilige Viviani e Bovio. Da anni promuove con passione la conoscenza della canzone napoletana, anche quella meno conosciuta, in ambienti di vario ceto sociale. Canta esclusivamente accompagnata al pianoforte dalla madre Bruna, ma non lo fa per professione, lavorando in una società di autonoleggio.
Antonio Corbara, cantante chitarrista confidenziale tra quelli del genere classico napoletano, formatosi alla scuola di Roberto Murolo nel 1970 vince il 3° premio al Festival di Rieti. Sempre negli anni '70 si esibisce in prima pedana come spalla di Don Marino Barreto, Bruno Martino, Peppino Gagliardi e Peter Van Wood. Invitato più volte alla televisione nazionale, ha preso parte a vari spettacoli musicali con Peppino di Capri, Fred Bongusto, Fausto Leali, Rita Forte, Enzo Gragnaniello, Gipsy King, Roberto Murolo, Gennaro Cannavacciuolo ed altri ancora. Attualmente ha in preparazione il terzo C.D. di canzoni romantiche ed umoristiche partenopee. Di recente si è esibito a cene spettacolo con Aurelio Fierro e Nunzio Gallo, nei locali come: "Rosolino" - "II Brigantino" - "Ragno d'Oro" - "Gorizia"- "Umberto" "Don Aurelio", durante le manifestazioni quali: "Napoli porte aperte" e "Maggio dei monumenti". Nelle scuole e nei salotti della Napoli bene, nei teatri napoletani: Tenda, Palazzetto dello Sport, Sannazzaro, Cilea, Bracco, ed altri. II suo repertorio comprende oltre 200 brani musicali prediligendo autori come Armando Gill ed il binomio Pisano e Cioffi. Ha avuto consensi e congratulazioni dai giornalisti di spessore quali: Aldo de Gioia, Marisa Galli, Stefano Viggi, Miki Maddaloni, Antonio Vestoso, Luca Ambrosini, Giovanni De Caro, Domenico De Simone, Gino Cappa, Enzo Fasciglione su testate giornalistiche quali: "Il Mattino", "Il Roma", "Il Tempo", "La Verità", "La Repubblica", "Napoli Notte", "Il giornale di Napoli". La prossima estate è impegnato a Capri, Positano, Sorrento e Sperionga.
Federico de Curtis, nato da illustre e nobile famiglia d'artisti (Saverio Mercadante, GiovamBattista ed Ernesto de Curtis, Antonio de Curtis "Totò", Federico senior ed Eugenio de Curtis - pittori) ha compiuto gli studi di Canto e Pianoforte al Conservatorio S. Pietro a Majella di Napoli con i qualificati Maestri Michele Lauro e Giuseppe Terracciano. La voce di tipo lirico-spinto, tecnicamente ferrea è ricca di chiaroscuri e di possibilità espressive. E' stato dal 1966 al 1994 Dipendente stabile del Teatro S. Carlo come artista del coro. Ha cantato in molti teatri europei nonché in Brasile, USA, Canada e Ungheria. Ha fatto concerti in svariate città italiane ed estere. Dal 1976 si è dedicato inoltre all'insegnamento del Canto, facendosi apprezzare sopratutto per la sua capacità d'impostazione della voce e della tecnica respiratoria. Ha inoltre pubblicato uno studio sulla tecnica di canto in collaborazione con il Foniatra Dott. M. Borghese. Molti suoi allievi prestano la loro opera in teatri lirici. E' un ottimo interprete, nello stile originale, della canzone napoletana, di cui è autorevole erede.
Il soprano Marina de Curtis, figlia e allieva di Federico ha studiato pianoforte con la M. Giuliana Raucci e solfeggio con il M° Alfredo Combattente. Si è perfezionata in canto con la M. Tina Quagliarella. Ha avviato la propria carriera con il compianto M° Walter Ferrari e successivamente con il M° Nino Buonavolontà. Il suo repertorio comprende le opere: Boheme di Puccini (Mimì), Faust di Gounod (Margherite), Carmen di Bizet (Micaela), Don Giovanni di Mozart (Zerlina), Anna Bolena di Donizetti (Anna), L'Enfant Prodigue di Debussy (Lia). È una rara interprete della Canzone Napoletana.
Angelo Fiore, nipote di Francesco e Renato Fiore da parte paterna e nipote del maestro Angelo Fiorentino da parte materna, ha ereditato in modo eccellente le virtù di entrambi. All’età di 10 anni vince il primo premio show man ad un concorso televisivo indetto da Mike Buongiorno; in seguito compone delle musiche molto belle, alcune delle quali abbinate ai versi del celebre Roberto Murolo col quale partecipa al 43esimo Festival di San Remo nel 1993. Dotato di melodiosa interpretazione, si accompagna da solo al piano. Ha scritto tra l’altro con celebri autori, come A. Chiarazzo, M. Di Francia, G. Russo, S. Iodice, canzoni in lingua sulla scia della tradizione classica napoletana. La sua musica rileva una struggente malinconia, compensata dal vigore di una giovane età. La proficua collaborazione con Murolo, ha prodotto bellissime canzoni, che lo stesso Murolo, autore dei versi, ha inciso nei suoi ultimi album: Gioventù (1992), Vurria turnà a Pusilleco (1993), Canta pe’ mme (1994). Di grande successo l’album realizzato nel ’95 dall’Orchestra Stabile della Canzone Napoletana G. Anepeta dove ha inciso due brani: “Malafemmena” e “Anema e core”. Continuando l’attività commerciale del nonno, dedica il suo tempo libero alla musica, collaborando negli ultimi anni con il poeta Carmine Donzelli, vincendo il premio Autori 2001 con la canzone “Carulina è turnata” dove si esprime al massimo fondendo nella musica la spiritualità del passato e quella del presente.
Adele Vian, nipote di Antonio Vian, ha cominciato a prendere lezioni di canto a vent’anni. Predilige esibirsi soprattutto nei club per soli soci e nei circoli culturali, a causa dell’atmosfera intima che vi si crea. Ha cantato in molti locali caratteristici napoletani (es. Airone, Murat, etc.), ha partecipato a numerose manifestazioni in cui si raccoglievano fondi per beneficenza, e per questo motivo ha ricevuto premi dall’associazione del Circolo ILVA, dall’associazione nazionale Arditi d’Italia ed altre. Ha partecipato a numerose rassegne teatrali dell’isola d’Ischia ed in estate si è esibita nelle folcloristiche “taverne” del porto d’Ischia ed in altri ritrovi isolani. Ha inciso 2 CD e scritto 3 canzoni in italiano ed inglese. Il suo repertorio spazia tra il jazz, il blues, canzoni di lingua inglese, francese, spagnola e naturalmente italiana, ma la sua passione resta la canzone classica napoletana.
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