
Contributi maggiorati per chi ha pagato meno tasse, scopri se sei coinvolto - interviu.it
Chi ha aderito al patto fiscale del biennio 2024-2025 rischia di pagare molto di più all’ente previdenziale, a causa dell’autonomia delle casse.
Chi ha aderito al concordato preventivo biennale pensando di pagare meno tasse e meno contributi, potrebbe ora dover fare i conti con un’imprevista stangata. La norma prevede che il contribuente, una volta accettata la proposta dell’Agenzia delle Entrate, versi imposte e contributi sulla base del reddito concordato. Questo vale sicuramente per artigiani, commercianti e chi è iscritto alla Gestione Separata INPS. Ma la situazione cambia, e non poco, per i professionisti con cassa previdenziale privata.
Secondo quanto chiarito dall’articolo 19 del decreto CPB, per questi soggetti le regole cambiano. Le casse autonome, infatti, non sono obbligate ad applicare le regole del concordato e in molti casi decidono in autonomia come calcolare l’imponibile previdenziale. Il risultato? Anche se si sono versate meno tasse grazie al concordato, ci si troverà a versare contributi sull’intero reddito effettivo. Una differenza che può costare migliaia di euro.
Contributi calcolati su due basi diverse: chi è coinvolto
Il meccanismo del concordato preventivo biennale, attivo per il biennio 2024-2025, consente di stabilire in anticipo il reddito su cui calcolare le imposte. Il vantaggio per chi ha aderito è stato evidente, almeno sul fronte fiscale. Tuttavia, sul piano previdenziale, il quadro si complica.
Per i soggetti ISA e per chi è in regime forfettario, il reddito concordato è quello da considerare sia per le imposte che per i contributi. Questo vale solo quando si versano i contributi INPS. Le cose cambiano se il lavoratore è iscritto a casse professionali autonome: in questi casi non c’è nessun obbligo di seguire il reddito definito nel concordato.

La Cassa Forense, ad esempio, ha già chiarito che i propri iscritti dovranno versare contributi calcolati sul reddito reale, ignorando quello definito dall’accordo col Fisco. Lo stesso vale per la Cassa Dottori Commercialisti e per l’INPGI, la cassa dei giornalisti. Questo comporta un rischio concreto: mentre si pagano meno imposte, si continueranno a pagare contributi pieni, come se il concordato non fosse mai stato accettato.
Versamenti più alti del previsto per migliaia di professionisti
La scelta del Governo di lasciare facoltà alle casse autonome di applicare o meno il concordato sul fronte previdenziale nasce dal rispetto della loro autonomia gestionale. Ogni ente può decidere se recepire l’accordo e in che forma. Al momento, quasi nessuna cassa privata ha aderito a questo modello, lasciando di fatto il contribuente in una doppia posizione fiscale.
Il rischio è che molti professionisti, attratti dalla possibilità di abbassare le imposte grazie al concordato, si trovino ora a dover coprire contributi molto più alti di quanto inizialmente previsto. Chi ha già predisposto un piano finanziario sulla base del reddito concordato potrebbe ricevere a fine anno una brutta sorpresa: dover saldare le somme dovute sulla base del reddito effettivo.
Questo avviene anche perché il decreto non obbliga le casse a rispettare l’accordo siglato con il Fisco. E così, tra le pieghe della normativa, si crea uno scollamento tra fisco e previdenza che colpisce proprio quei contribuenti che avevano cercato di pianificare in anticipo i propri versamenti.