ITINERARIO
DELLA TERRA DEI GIGANTI
Da Posillipo a Nisida sino a Pozzuoli e all'oasi degli Astroni
Proponiamo come prima meta Posillipo e
indichiamo quale punto di partenza del nostro percorso il Largo Sermoneta,
sistemato di recente, che ospita la secentesca fontana del Sebeto realizzata
da Cosimo Fanzago per il Conte di Monterey.
Questa bella fontana con
schema ad arco di trionfo fu posta qui solo nel 1939, mentre la sua
collocazione originaria fu in via Cesario Console. Imboccando via Posillipo
si percorrerà la strada iniziata nel 1812 per volere di Gioacchino Murat.
L'opera, nonostante fosse particolarmente costosa ed impegnativa per le
difficoltà di esecuzione dei tagli della collina ed i numerosi ponti, fu
portata a termine grazie alla nota efficienza dei tecnici e delle maestranze
operanti al tempo di Murat. Con la sua realizzazione s'intendeva prolungare
la passeggiata di Mergellina e collegare la città con Pozzuoli evitando
l'antico percorso del colle della grotta. Quando la strada fu completata
l'intera collina subì notevoli trasformazioni: essa infatti fu deturpata
dalle numerose costruzioni che ne ricoprirono la costa e più in alto i
fianchi, e così perse il suo carattere marino e rustico. Sul promontorio di
Posillipo, infatti, l'edilizia privata trovò il luogo perfetto per costruire
ville lussuose che beneficiavano dell'invidiabile posizione e della
splendida vista. All'inizio di via Posillipo cattura il nostro sguardo
l'antico e famoso Palazzo Donn'Anna, che all'epoca della sua costruzione, in
assenza della strada, era accessibile solo dal mare. Fu Cosimo Fanzago a
progettare l'edificio nel 1642, sul masso tufaceo che ospitava la dimora dei
principi Carafa, per il vicerè Ramiro de Guzman e sua moglie Anna Carafa. La
struttura era costituita da tre corpi di fabbrica snodati lungo il perimetro
dello scoglio al cui interno si apriva un bellissimo giardino. Come abbiamo
già detto non vi era accesso da terra, ma dal mare attraverso due gallerie
scavate nel basamento naturale che, con scale scavate anch'esse nello
scoglio, portavano ai piani superiori. Purtroppo i lavori di costruzione
vennero interrotti nel 1644 e poi il terremoto del 1688 danneggiò ciò che
era stato costruito. Il Palazzo fu ristrutturato solo nel Settecento e più
tardi con la costruzione di via Posillipo vide sostituito il suo accesso da
mare con un unico ingresso da terra. Continuando a percorrere la nostra
strada vedremo dall'alto numerosissime case affacciarsi sul mare, sino ad
incrociare via Ferdinando Russo da cui si raggiungono le Ville Storiche di
Posillipo come Villa Rosebery (complesso di tre fabbricati immersi nel verde
che dal 1957 appartiene al patrimonio immobiliare della presidenza della
Repubblica) e Villa Volpicelli. Quest'ultima è una vera e propria fortezza
che con le sue torri merlate occupa l'ultimo tratto di capo Posillipo. Dopo
aver ammirato dalla scogliera uno straordinario panorama, risaliamo via
Russo e riportiamoci su via Posillipo, che prosegue col nome di via Santo
Strato, e da qui procediamo in direzione della Gaiola. É qui che troviamo i
resti archeologici testimoni dell'amore che legava gli antichi Romani a
questo luogo tanto ameno. É qui che riconosciamo la villa nota
nell'antichità come Pausilypon, in greco "che calma il dolore", appartenuta
al ricco cavaliere beneventano Vedio Pollione, scoperta nel 1842. Ciò che
s'ignora, però, è se la villa fu fatta costruire proprio da Pollione o se
gli fu donata da Augusto. Comunque il suo primo impianto dovrebbe risalire
al I sec. a.C., più volte rimaneggiato sino al IV sec. d.C. Accanto alla
villa sono ancora visibili i resti di un piccolo teatro e di un odeon in cui
la scena, un tempo lignea, manca del tutto. Il nucleo archeologico di
Posillipo si chiude con un'opera di eccellente architettura: la grotta di
Seiano. La grotta ( I sec. a.C.) attraversa per 800 m. la collina tufacea
fino a Coroglio; non è visitabile se non in occasione di particolari
manifestazioni culturali o con speciali permessi. Ecco perché il visitatore
sarà costretto a ripercorrere la discesa della Gaiola per raggiungere
Coroglio e trovarsi dinanzi alla monumentale uscita della grotta. Poco dopo
tale uscita si può sostare su una terrazza da cui si osserva un paesaggio
davvero insolito: resti di archeologia industriale, una spiaggia dalla
sabbia nera, l'isola di Nisida. Quest'ultima, unita alla terraferma da una
diga, è un cratere vulcanico di esplosione che a Sud-Ovest si apre sul mare
con il porto Paone (che prende forse nome dalla sua somiglianza con la forma
della coda di un pavone). L'isola, dominata dall'edificio costruito dagli
Angioini per incarcerare i ribelli, è oggi inaccessibile perchè sede di un
carcere minorile. Nel corso della sua storia l'isola ha avuto diversi
proprietari, solo nel 1814 fu riscattata da Gioacchino Murat che vi costruì
un lazzaretto. Da qui il nostro itinerario ci invita alla vicinissima
Pozzuoli, città antichissima e dalle curiosissime tradizioni, che può
soddisfare anche il turista più esigente per la ricchezza di chiese e
monumenti artistici, scavi archeologici, mercati e ristoranti, spazi
tranquilli e panoramici, possibilità di sport marini, e infine il
vivacissimo porto da cui partire per raggiungere le altre località campane.
Per chi è alla ricerca di una città ricca di storia che ad ogni angolo di
strada rechi traccia del suo passato Pozzuoli è il luogo ideale. E chi ha
curiosità scientifiche e naturalistiche sarà senz'altro attratto dalla
morfologia del territorio, il vulcanesimo passato e presente, il paesaggio e
la vegetazione tanto florida e varia. Nella preziosa cornice dei Campi
Flegrei Pozzuoli nasce nel 530 a.C. ad opera dei Samii che, per il loro
desiderio di libertà e di legalità, le danno il nome di Dicearchìa (ovvero
città della giustizia). Nel V e IV sec. a.C. viene occupata dai Sanniti sino
a quando nel 338 a.C. è conquistata dai Romani e vede il suo nome mutato in
Puteoli (piccoli pozzi), in riferimento alle manifestazioni vulcaniche del
suolo. Sfruttandone la vantaggiosissima posizione, i nuovi abitanti fecero
di Puteoli il porto militare e commerciale più importante del Mediterraneo,
che rimase in vita sino al I sec. d.C., quando fu costruito il porto di
Ostia. Purtroppo le strutture portuali costruite dai Romani sono oggi
sommerse, essendo state trascinate in mare dal bradisismo. E' ancora
visibile, invece, il cosiddetto Serapèo, ovvero il Macellum (I sec. a.C./,
fulcro del polo commerciale intorno al quale fiorirono numerose arti grazie
ai contatti tra le botteghe locali e gli artigiani orientali. L'edificio,
detto Serapèo in seguito al rinvenimento avvenuto nel 1750 di una statua del
dio Serapide il cui culto era stato importato dall'Egitto, ha una pianta
quasi quadrata con una corte centrale circondata da un porticato, alle cui
spalle si aprivano le botteghe dei commercianti, che sul lato orientale dà
accesso ad un'edicola absidata. Al centro di questa corte vi è la tholos con
fontana ottagonale. A pochi passi dal Serapèo, in via Fasano, c'è il mercato
ittico. Dopo una sosta gastronomica lasciamo la zona del porto e
raggiungiamo l'Anfiteatro Maggiore di Pozzuoli. Se non abbiamo l'auto
possiamo prendere gli autobus P6 e P9 alla fermata di via Roma e in pochi
minuti saremo dinanzi all'Anfiteatro. Nessun problema se ci siamo fermati a
lungo per il pranzo, perché l'Anfiteatro Flavio è aperto al pubblico dalle
9.00 ad un'ora prima del tramonto. Durante la visita ci stupiremo per la sua
grandezza: è terzo in Italia per dimensioni (dopo il Colosseo romano e
l'anfiteatro capuano e poteva ospitare fino a 40.000 spettatori. I
sotterranei sono ben conservati e perciò hanno permesso di comprendere bene
il sistema utilizzato per sollevare le gabbie delle belve sino al piano
dell'arena. A pochi minuti di cammino dall'uscita sono visibili da via
Solfatara i resti dell'antico Anfiteatro Minore costruito in età
repubblicana e scoperto solo nel 1915 in occasione dell'inizio dei lavori
per la costruzione della ferrovia Roma-Napoli, la cui trincea ferroviaria
taglia in due l'edificio. L'esistenza di due anfiteatri è per noi
un'ulteriore prova dell'importanza che la città puteolana ebbe in epoca
romana. Dopo aver visto dalla strada ciò che resta dell'Anfiteatro Minore
proseguiamo in direzione della Solfatara (ingresso è consentito ai
visitatori dalle 8.30 ad un'ora prima del tramonto), dove assisteremo ad uno
spettacolo unico. Ci troviamo in una vera e propria oasi naturalistica la
cui attrazione principale è il cratere formatosi circa 4000 anni fa ed ancor
oggi integro. Sul posto sarà possibile chiedere di essere accompagnati alla
scoperta di fenomeni come "la condensazione del vapore" o "il rimbombo del
suolo", e di essere informati sulle peculiarità geologiche, botaniche e
faunistiche del luogo. Dopo una simile giornata sarà il caso di decidere
dove trascorrere la notte in base alle proprie esigenze e alle offerte della
zona. La mattinata seguente potrà essere dedicata completamente
all'escursione presso il Cratere degli Astroni. Come arrivarci? Da Pozzuoli
in auto basta percorrere via Solfatara, via S.Gennaro, via Pisciarelli e
giunti ad Agnano seguire le indicazioni per l'Oasi. Altrimenti prenderemo
l'autobus P6 e giunti ad Agnano raggiungeremo l'Oasi a piedi in venti
minuti. All'ingresso saremo accolti dai simpatici e disponibili volontari
del WWF (l'oasi WWF Cratere degli Astroni è aperta al pubblico dal 25/4/92)
che ci racconteranno la storia di questa Riserva Naturale sin dalle sue
origini e ci guideranno lungo un percorso fatto di continue e affascinanti
scoperte, ovviamente evitando di disturbare la fauna. Il vulcano risale a
3700 anni fa, sul fondo del cratere vi sono tre laghetti vulcanici e tutt'intorno
una fittissima e ricchissima vegetazione. L'estensione della riserva e la
straordinaria varietà di ambienti consentono al bosco di ospitare numerose
specie animali. Tra i suoi abitanti c'è il moscardino, la volpe, lo
sparviero, la talpa, il rampichino, la faina e il picchio rosso, simbolo
dell'oasi. L'oasi degli Astroni è davvero un luogo magico che può far
provare emozioni uniche; lasciamoci guidare nei sentieri e ascoltiamo le
voci della natura. |
|
|
ITINERARIO
DEI CAMPI FLEGREI: TRA MITO E STORIA
Da Lucrino a Cuma, attraversando Baia, Bacoli, Miseno, il lago Fusaro
Volendo trascorrere una piacevole giornata
di riposo si consiglia una visita ai Campi Flegrei, dove si va incontro a
paesaggi improvvisi, ruderi, segni di antiche civiltà, frammenti di verde
dolcissimo. Visitiamo quindi Lucrino, Baia, Bacoli, Miseno, il Fusaro e
Cuma.
A Cuma nel 750 a.C. i greci
dell'isola di Eubea (Calcidesi) dopo un primo insediamento nell'isola di
Ischia, fondarono la prima colonia della Magna Grecia che ebbe un ruolo
decisivo nella nascita della cultura occidentale. Il territorio, oltre ad
essere caratterizzato da un'estrema ricchezza archeologica, è si reso
"ardente" Campi Flegrei in greco significa campi ardenti da diverse attività
vulcaniche antiche e contemporanee. Vi si trovano, infatti, antichi crateri
spenti oggi occupati da una ricca vegetazione, ma anche fumarole e segni del
bradisismo. Il nostro itinerario parte da Lucrino un piccolo centro vicino i
alla città di Pozzuoli. Il luogo è caratterizzato da due emergenze il lago
di Lucrino e la collina di Monte Nuovo (m. 134). Quest'ultima è il monte più
giovane d'Europa, infatti, sebbene i Campi Flegrei siano una zona
tipicamente vulcanica, ha avuto in epoca storica una sola grande eruzione
quella che tra il 28 e 29 settembre 1538 ha formato il Monte Nuovo.
L'eruzione, preceduta da terremoti, distrusse il villaggio termale di
Tripergole; in questa zona la notte del 28 settembre 1538 si ebbe un
improvviso innalzamento e rigonfiamento del suolo circa 7 metri, poi uno
sprofondamento con la formazione di una voragine esplosiva. Attualmente la
collina è un'oasi naturalistica visitabile, la quale presenta un paesaggio
vegetale particolarmente ricco che va dalla formazione steppica lungo le
pendici del cratere, alla macchia mediterranea, fino alla lecceta.
All'interno del cratere si trovano le fumarole con temperature intorno ai
70°C. In cima al monte, grazie alla disposizione geografica che occupa una
posizione centrale nell'ambito del golfo di Pozzuoli, è possibile
distinguere procedendo in senso orario: Capo Miseno, Baia, il Lago d'Averno,
il monte Gauro, le conche di Astroni e di Agnano, il Monte Spina, la
Solfatara e infine l'isolotto di Nisida. Il nome di Lucrino è legato alla
storia del suo omonimo lago. Il lago di Lucrino deve la sua notorietà in
epoca romana, alla coltura delle ostriche realizzata dal piscicoltore Sergio
Orata il cui guadagno "lucrum" fu causa del nome. Al lago di Lucrino è
legata una delle più tenere leggende tramandateci da Plinio il vecchio nella
sua "Naturalis Historia" dove si narra che durante l'impero di Augusto un
delfino penetrò nel lago di Lucrino. Un bambino lo vide, lo chiamò Simone e
cominciò a dargli, giorno dopo giorno, un po' del suo cibo. I due divennero
in breve grandi amici, ogni giorno il delfino Simone aspettava il suo
amichetto e dopo aver preso un po' di cibo dalle sue mani gli offriva il
dorso portandolo da una parte all'altra del lago. E "quando un giorno il
bambino morì per malattia il delfino torno più volte nel luogo consueto,
triste e del tutto simile ad una persona afflitta; e alla fine anch'esso
morì dal dispiacere". Il lago di Lucrino fu luogo mitico in quanto collegato
al vicino lago d'Averno al punto da essere identificato come uno dei corsi
d'acqua infernali. Infatti l'Averno è l'archetipo del mito flegreo. Un lago
come punto di partenza di un viaggio fra leggenda e letteratura, esso evoca
Omero e Virgilio e il culto dell'oltretomba in quanto ritenuto l'ingresso
all'Ade. Era talmente forte la superstizione popolare che la gente non osava
bere l'acqua di alcuna fonte vicina ai laghi perché considerata pericolosa.
Nel 37 a.C. durante la guerra civile tra Ottaviano e Sesto Pompeo lo
stratega Marco Vespasiano Agrippa fece costruire una grandiosa struttura
portuale: il Portus Julius; collegando con un canale navigabile il lago d'Averno,
il lago di Lucrino e il mare. Ricordiamo però che le dimensioni del lago di
Lucrino erano diverse da quelle ridotte attuali. Il Portus Julius ebbe vita
breve a causa della tendenza all'insabbiamento causata dal bradisismo, buona
parte di esso è oggi infatti sommerso ma è possibile con dei battelli che
partono dal porto di Baia, visitare la città sommersa. Con lo stesso
battello spostandosi un po' più a Est è possibile inoltre vedere, nei pressi
di punta Epitaffio, i ruderi sommersi del palazzo dell'imperatore Claudio,
sprofondato sotto il livello del mare in seguito a uno dei tanti fenomeni
bradisismici dal quale provengono le statue di Ulisse e molti altri
personaggi dell'antica Roma. Proseguendo il nostro viaggio siamo giunti così
a Baia il cui nome è legato al leggendario viaggio di Ulisse che qui `
seppellì il suo compagno Bajos; Orazio scriveva proposito di essa: "nessun
golfo nel mondo, risplende più dell'amena Baia". Approdo della potente Cuma
fu il luogo flegreo più decantato e frequentato per la bellezza del
paesaggio e per le sue sorgenti termali. Tutti i resti dell'antica città
sono raggruppati in un vasto complesso che va sotto il nome di Parco
Archeologico di Baia, scenografico per la sua particolare posizione e per le
strutture che degradano dalla collina fino al mare, si presenta
particolarmente articolato in quanto racchiude vari complessi di terme di
età diverse. Comprende principalmente le terme di Venere, costruite al tempo
dell'imperatore Adriano e le terme di Mercurio. Il porto di Baia è
particolarmente suggestivo ricco di case dai colori vivaci, bar,
ristorantini, e punti di ritrovo. Il piccolo porto è sempre molto
frequentato e la cittadina non vive solo delle vestigia del tempo che fu,
anzi è all'avanguardia nella cantieristica di porto. Inoltre, per chi vuole
interessarsi alla gastronomia flegrea, proprio sulla banchina si può
mangiare decisamente bene, non a caso, infatti, Baia era descritta come
luogo da evitare se ci si voleva sottrarre alla "perdizione" dei vizi della
gola. Qui si può avviare un pasto con "trofei" di frutti di mare crudi e
cotti in tutti i modi possibili, "carrube" tipiche del mare di baia e
Procida. Godibilissimo nelle sere d'estate, mangiare all'aperto alla luce
dei lampioni del molo. Per i più golosi nella piazzetta di Baia proprio alla
fermata della Circumflegrea e a due passi dal porto, Luigino prepara ottimi
gelati artigianali seguendo vecchie ricette di famiglia. Sempre sul porto
vicino ai ristorantini si alza maestoso il Tempio di Venere, un grandioso
complesso termale con aula a cupola visibile dalla via principale che fa
parte del parco anche se attualmente è fuori da esso. Poco più avanti del
porto, in piena area archeologica, nello stesso punto nel quale Nerone
impiantò delle gigantesche vasche per l'allevamento delle ostriche, esiste
un impianto per la depurazione dei molluschi I.R.SVE.M. il quale continua
una tradizione millenaria praticamente mai interrotta. Tale
impianto costituisce il
più importante centro di depurazione di molluschi del meridione ed uno dei
più grandi d'Italia. Tutto viene accompagnato da certificati sanitari.
Potrete trovare svariati tipi di molluschi di provenienza locale oltre che
dai paesi della comunità Europea: vongole veraci, cozze, fasolari, lupini
e cannelli.
Sulla strada già domina il
paesaggio, con la sua possente mole, il Castello di Baia. Situato in
posizione strategica sul golfo di Pozzuoli, fu costruito su un banco tufaceo
nel XV sec. per volere di Alfonso d'Aragona per difendere il golfo.
Successivamente fu ampliato da don Pedro de Toledo durante il viceregno
spagnolo che ne fece uno dei castelli più sicuri. Col tempo venne
abbandonato il suo originario utilizzo per diventare nel 1927 un
orfanotrofio militare. Da pochi anni finalmente ospita il Museo Archeologico
dei Campi Flegrei che per il momento raccoglie i reperti rinvenuti nel
"sacello degli augustali" a Miseno, tra i quali la statua equestre di bronzo
di Domiziano-Nerva e numerosi calchi di gesso di sculture greche ritrovate a
Baia. Continuando la passeggiata, dopo il castello si arriva al centro di
Bacoli "il luogo delle cisterne", qui infatti, si trova la più grande
cisterna romana conosciuta fino ad oggi con una capacità volumetrica di
12.600 m3 d'acqua a cui oggi si accede dalla via S. Anna. L'edificio, di età
augustea, è uno spettacolo di architettura scavata nel tufo, con i suoi 48
pilastri in opera reticolata, il bacino e la maestosa copertura a botte, è
di notevole effetto tanto da fargli attribuire dagli antiquari il termine di
"Piscina Mirabile" con cui è nota tutt'oggi. Altre cisterne le ritroviamo
nel complesso di Cento Camerelle, o "carceri di Nerone% un articolato
impianto idrico appartenente ad una villa di età repubblicana, costituito da
una serie di cunicoli comunicanti scavati nel tufo e non ancora del tutto
esplorati, che terminano a strapiombo sul mare. La leggenda vuole che Nerone
usasse le cento Camerelle per incarcerare i suoi nemici. Alla vicenda del
crudele Nerone è legata anche la storia della tomba di Agrippina che in
realtà è quanto rimane di una villa sul mare. La tradizione aveva
identificato, erroneamente, in tale punto il sepolcro della madre di Nerone
uccisa nel 59 d C. che, secondo Tacito, era stata sepolta lungo la strada
per Miseno. Si tratta di una struttura costituita da tre emicicli su più
livelli essendo stata un teatro trasformato poi in ninfeo ad esedra. Chi
vuole visitare oggi questi servizi deve rivolgersi ad alcuni cittadini di
Bacoli preposti al servizio. Una volta arrivati sul lago di Bacoli, meglio
conosciuto come Maremorto si prosegue verso la spiaggia di Miseno il cui
nome è legato alla leggenda omerica che qui pone il sepolcro del compagno di
Ulisse trasformato poi da Virgilio nel trombettiere di Enea. Dopo essere
stato porto cumano, Miseno ebbe un ruolo fondamentale nell'organizzazione
militare all'epoca dell'imperatore Augusto. L'imperatore infatti, prepose
alla difesa di Roma due flotte, una di stanza a Ravenna un'altra a Misenum,
a quest'ultima, molto più vicina a Roma, toccava il compito di difendere
l'intero Tirreno. Forte fu qui il culto dell'imperatore divinizzato dopo la
sua morte, come testimonia l'esistenza dell'edificio pubblico noto come
Sacello degli Augustali ad essi dedicato. Luogo caratteristico di Miseno è
il piccolo porticciolo naturale, nella parte vecchia del borgo, dominato
dall'alto dalla chiesetta di San Sossio, dove si può respirare l'aria tipica
dei villaggi di pescatori. Oltre al Sacello degli Augustali si può visitare
la grotta della Dragonara, presumibilmente parte della villa di Lucullo, la
quale primeggiava tra le sontuose ville di epoca imperiale. La villa , prima
appartenuta al dittatore Caio Mario, fu poi acquistata da Lucullo che qui
dava i suoi sontuosi banchetti. Proseguiamo la nostra passeggiata in
direzione di Cuma, sulla strada troveremo un pineta che costeggia la marina
del Fusaro, il cui lago è sotto la tutela del Centro Ittico. Anche questo
lago, come quasi tutti quelli dei Campi Flegrei, è coperto da un'aura
infernale "1'Acherusia palus" degli antichi ; tuttavia fu coinvolto nello
stesso destino "godereccio" del lago Lucrino : sulle sue sponde, infatti,
sorsero ville residenziali e impianti termali, nelle sue acque furono
coltivati pesci ed ostriche. Sulle acque del lago Fusaro si adagia la Casina
Reale come una splendida ninfea, raffinata nella concezione architettonica,
fu voluta dal Re Ferdinando IV di Borbone che incaricò per il progetto, nel
1782, l'architetto Carlo Vanvitelli.
Alle memorie della Casina
sono legati personaggi quali lo Zar di Russia, il Metternich, Rossini,
Mozart e Vittorio Emanuele III, tutti ospiti illustri del luogo che fu sito
di caccia e pesca ma anche oasi di musica e d'arte tra le più importanti
d'Europa. Lasciato il lago Fusaro eccoci giunti a Cuma. La fondazione della
colonia di Cuma, nell'VIII sec. a.C., sancì lo stanziamento della genti
greche sul suolo italico e l'inizio di quell'incontro di culture che farà
dell'Italia meridionale la culla della civiltà occidentale. Cuma a
differenza dell'emporio di Ischia era una colonia agricola. La città riuscì
a dominare, inizialmente in accordo con gli Etruschi di Capua, il fertile
territorio che fu poi denominato "Campania felix" ed ebbe il controllo di
tutto il golfo di Napoli, allora detto golfo Cumano, fino alla punta della
Campanella, stabilendo degli approdi fortificati a Miseno, Pozzuoli e
Napoli. Cuma da sola riuscì a respingere l'avanzata degli Etruschi e delle
genti italiche finché nel 421 a.C. cadde nelle mani dei Sanniti.
Successivamente, nel 334 a.C., divenne alleata di Roma entrando a far parte
della grande Compagine Romana che dominò la Campania. In età medioevale la
città fu teatro della guerra greco-gotica, subendo con alterne vicende il
dominio dei Bizantini o degli Ostrogoti. Infine ridotta ad un borgo
fortificato fu distrutta nel 1207 dalle armate di Napoli. Nell'immaginario
la città viene ricordata per il culto dell'oracolo della "Sibilla", esiste,
infatti, presso i resti del monumentale Tempio di Apollo, una cisterna
greca, scavata nel tufo, di sicuro fascino per l'atmosfera di mistero che si
respira. Stando alla descrizione di Virgilio nel libro VI dell'Eneide,
proprio in questo luogo si svolgevano gli oracoli della leggendaria
sacerdotessa di Apollo. E qui il cerchio si chiude. Esiste una galleria
/grotta di Cocceo) scavata nel tufo sotto il Monte Grillo che assicurava il
collegamento tra Cuma e il porto militare di Lucrino (Portus Jùlius), di cui
abbiamo già parlato. L'identificazione di questa grotta con quella della
Sibilla Cumana, in relazione al racconto dell'Eneide virgiliana risale al
medioevo ed ha trovato credito sino al 1932, quando Amedeo Maiuri portò alla
luce, sull'acropoli di Cuma, quello che comunemente si ritiene il vero antro
della professa. Ma in alcune notti c'è chi giura di sentire ancora
all'imbocco della grotta, il respiro ansimante della Sibilla........ |
|
|