ARTURO FRATTA
SALVATORE
DI GIACOMO
La vita, la poesia, le canzoni, la prosa
Grande personaggio della cultura napoletana, Di Giacomo contribuì con i suoi versi al rinnovamento della poesia italiana tra Otto e Novecento. Arturo Fratta disegna un ritratto a tutto tondo del poeta seguendolo sia nelle tappe della biografia sia nell’evoluzione della sua attività letteraria: l’apprendistato nel vivace mondo giornalistico partenopeo, le prime esperienze poetiche, la composizione delle canzoni che dovevano renderlo celebre in tutto il mondo, la lunga e contrastata storia d’amore con Elisa Avigliano, il lavoro di bibliotecario e le ricerche erudite, il rapporto non sempre pacifico con Benedetto Croce, le altissime prove poetiche della maturità, il declino personale e creativo degli ultimi anni. Ci viene così restituita, nei suoi contorni reali, l’immagine vivida e sempre attuale di un interprete di primissimo piano della napoletanità.
Introduzione
Salvatore Di
Giacomo fa parte di quell’esiguo numero di scrittori che rinnovarono la
poesia in Italia. L’uso del dialetto napoletano, che fu funzionale a
questo rinnovamento, da un lato ne limitò e ne limita ancora
la fortuna letteraria, dall’altro fu mezzo di una diffusione inaudita
per un poeta del suo tempo: i suoi intramontabili versi d’ amore sono
stati portati al di là degli oceani dalla musica di canzoni napoletane
divenute celebri nel mondo. Questo non giustifica la qualifica riduttiva
di poeta dialettale che gli fu subito data e che gli è rimasta
appiccicata addosso, nonostante fin dall’inizio del secolo la critica
ne abbia dichiarato la universalità.
Su questi temi ci ripromettiamo di fare chiarezza, o almeno di tenta-re di
fame, oggi che la barriera di una lingua diversa dalla nostra non
costituisce più ostacolo alla conoscenza di un testo che valga la pena di
essere approfondito per quello che può dare a ciascuno di noi. Al di là
di questo principale e, ci si consenta di dire, difficile impegno, che
esporrà chi scrive al rischio sempre corso da chi rinuncia a ripercorrere
sentieri battuti e osa proporre anche opinioni non consolidate, il lettore
troverà nelle pagine che seguono caratteristiche e circostanze
della vicenda digiacomiana conosciute o ignorate quali cause concomitanti
nella nascita di una poesia che ebbe tempi e tematiche diversi.
Occorre tuttavia ribadire che nulla di quanto si dirà per affermare la
universalità della poesia di Di Giacomo non sia stato già scritto, o
quanto meno accennato, in molti dei percorsi critici che chi voglia
occuparsi del maggiore poeta napoletano incontrerà sfogliando le centinaia
e centinaia di libri, saggi apparsi su periodici o brevi interventi sulla
stampa quotidiana, che costituiscono la bibliografia digiacomiana, a
partire dalla rivelazione del poeta, fatta da Croce all’inizio
del secolo.
Tuttavia i reali contorni della sua figura stentarono a definirsi. Lo
stesso Francesco Flora, intrinseco del filosofo napoletano e quindi buon
conoscitore delle ragioni da lui addotte fin dall’inizio e delle molte
discussioni che seguirono alla pubblicazione della prima raccolta di
poesie, nella sua Storia della letteratura italiana non va oltre
una presentazione dello scrittore, ampia e suggestiva, ma non decisamente
affermativa quale fu, poi, una sua rilettura pubblicata venti anni
dopo in un volume di oltre cento pagine. Lo stesso può dirsi del pur
ottimo libro di Luigi Russo su Di Giacomo, mentre, tra i molti, Francesco
Gaeta, Renato Serra, Giuseppe De Robertis, Karl Vossler e poi Alberto
Consiglio e Mario Stefanile dissero senza reticenze o incertezze
della grandezza del poeta.
Di Giacomo fu anche oggetto di misconoscimenti, se non di denigrazioni. Ci
fu chi lo tacciò di certa imprecisione cronachistica in questa o quella
opera teatrale o in alcuni versi della prima maniera, volendo ignorare
qualsiasi necessità di trasformazione creativa. E chi credette di
liquidarlo come poeta borghese e non popolare, o, peggio, definendolo
popolareggiante, in un confronto improponibile con Ferdinando Russo o con
il grande Raffaele Viviani.
Nel ripercorrere l’intera opera di
Di Giacomo a distanza di mezzo secolo dalle prime letture giovanili, i
contorni della sua poesia ci sembrano molto più chiari e netti. Il
lettore si accorgerà fin dalle prime pagine che questo non vuole essere
un lavoro critico. Tuttavia, semplicità di scrittura, rinuncia all’ampiezza
delle note e loro contenimento all’indispensabile, e la stessa
concisione del testo non ci hanno fatto rinunciare al tentativo di
indicare, se non quel che è vivo e quel che è morto oggi in Di
Giacomo, quanto meno i momenti più alti e intramontabili della sua
poesia, distinguendoli da altri ugualmente importanti per la comprensione
di una antichissima e ricca cultura, quale è quella napoletana,
sicuramente minacciata se non di estinzione quanto meno di
omogeneizzazione nell’ambito del villaggio globale. A meno che le sue
caratteristiche non siano tanto vitali da rinnovarsi pur nella
trasformazione.
Arturo Fratta, Salvatore Di
Giacomo
Tascabili Economici Newton, Roma 1997
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