IL
GRAN CAFFE' GAMBRINUS
RITORNA AGLI ANTICHI SPLENDORI
Sabato ore 11 del 9 dicembre
2000, l'amministrazione della Provincia di Napoli - rappresentata dal
presidente Amato Lamberti e dall'Assessore al patrimonio Antonio
Giordano - ha consegnato ai fratelli Sergio le chiavi - titolari del
"Gambrinus"- dei locali che si affacciano sulla Piazza del Plebiscito
di circa duecento mq. che già nel passato appartenevano a questo famoso
esercizio. Per una serie di disavventure
commerciali - iniziata con l'avvento del 1938 - del Gambrinus, i detti
duecento mq. furono dati in fitto al banco di Napoli, dalla Provincia di
Napoli - proprietaria dell'immobile- per poi chiederne il rilascio nel
1996. Già nel 1989 detti locali
furono sottoposti da parte del Ministero dei Beni Culturali al vincolo
di destinazione d'uso, in quanto oltre alla "storia" del Gran
Caffè Gambrinus, in detti locali esistono inestimabili opere
architettoniche, arricchite da sculture e dipinti di famosi artisti. Basta citare i vari Curri,
Cozzolino, D'Agostino, De Sanctis, Scoppetta, Volpe, Caprile, Frabon,
Migliaro, Pratella, De Curtis, Renda, Cepparulo, Sortino, Alfono e tanti
altri che con le loro opere hanno contribuito a magnificare il
"Salotto di Napoli". Finalmente da oggi il Gambrinus
completa questa unione tanta sognata e voluta dagli attuali esercenti, e
dal loro compianto papà Michele. I D'Annunzio, Bracco, Scarfoglio, Di
Giacomo, Russo etc. rappresentano i "clienti" illustri del
passato. Oggi il Gambrinus
è frequentato come ieri da altrettanti "clienti" illustri del
presente, conservando quel vanto di "aristocrazia
commerciale." Nell'occasione i fratelli
Antonio e Arturo Sergio, hanno offerto ai numerosi convenuti un augurale
buffet ricco di rinomate specialità gastronomiche della casa,
accompagnato da un sottofondo musicale dal vivo di canzoni classiche
napoletane. Tra queste la famosa "A Vucchella", scritta da
Gabriele D'Annunzio seduto a un tavolino di questo locale storico. Detto ricevimento si è svolto
nei riappropriati locali, ed il loro riutilizzo è già stato fissato
per incontri culturali, mostre e dibattiti.
Bruno Carrano
AMMINISTRAZIONE
PROVINCIALE DI NAPOLI
IL RECUPERO DEGLI AMBIENTI
DELL'ANTICO CAFFE' GAMBRINUS
Con la
restituzione dei locali del piano terra dell’originaria Foresteria del
Palazzo Reale di Napoli, l‘Amministrazione provinciale, ma soprattutto
la città ha riacquistato un altro pezzo della sua storia più recente
che, come spesso accade, viene precocemente dimenticata: si tratta degli
ampi saloni, riccamente decorati, dell’ottocentesco "Caffè Gambrinus".
La storia dell’intero
edificio è legata alla complessa sistemazione della piazza antistante
il Palazzo Reale: questa, nel 1809 - epoca murattiana - diviene oggetto
di un progetto decorativamente neoclassico che la renderà uno spazio
degno delle nuove concezioni urbanistiche del secolo XIX; queste
infatti, tra l’altro, dovendo anche assolvere alle istanze di una
giusta integrazione tra le sedi del potere e la partecipazione del
popolo ad esse, trovavano nell’enorme piazza la risoluzione di un
esigenza primaria. Il vincitore della gara per il progetto, indetta nel
1812, fu Leopoldo Laperuta, il quale godette anche della stima di re
Ferdinando I che gli permise di continuare il lavoro, affiancato dall’architetto
di Corte Antonio De Simone.
Per il piano originale, al posto dell’odierna chiesa, Murat aveva
predisposto una enorme sala circolare adibita a riunioni civiche e, nei
vani laterali a questa, un Museo Nazionale della Scienza della Tecnica e
del Lavoro. Inizialmente i due edifici, simmetricamente disposti ai lati
della grande piazza, gemelli nella decorazione che ripercorre e
ripropone gli ordini dei dettami vitruviani, dovevano avere la funzione,
rispettivamente di sede dei ministeri di Stato l’uno e di ministero
per gli Affari Esteri l’altro.
Ma poco dopo la loro definitiva realizzazione, furono adibiti quest’ultimo
a Palazzo della Foresteria, mentre il primo, dopo aver predisposto per i
ministeri la costruzione di Palazzo San Giacomo, fu destinato a
residenza di Leopoldo di Borbone principe di Salerno.
Negli anni che seguirono l’unità
d’Italia e nel corso dei complessi meccanismi amministrativi che ridistribuirono
le proprietà della corona alle amministrazioni pubbliche, l’edificio
della foresteria è diventato sede della Prefettura di Napoli e di
proprietà dell’Amministrazione provinciale della città.
Una parte dei locali al piano terra e precisamente quelli su Piazza
Trieste e Trento, furono destinati ad uso commerciale: qui si trovava il
"Gran Caffè" che, con l’avvento di nuovi gestori, cambiò
il suo nome nel 1890 in "Gran Caffè Gambrinus". Questo luogo
segnerà un’epoca: le sue
sale saranno testimoni, anno dopo anno, della silenziosa rivoluzione
che, durante la "belle époque", farà del ceto borghese ed
industriale i protagonisti assoluti; nello stesso tempo questi luoghi
pubblici, rappresenteranno qualcosa di più di semplici Caffè, a Napoli
come nelle altre capitali europee questi saranno i luoghi nei quali
intellettuali, politici, artisti e rappresentanti di tutte le classi
professionali si ritroveranno e scriveranno alcune pagine della storia
culturale, sociale e politica dell’epoca.
Non è un caso quindi che
per i saloni del "Caffè Gambrinus" si può parlare di un vero
e proprio monumento dell’arte decorativa del modernismo a Napoli e di
una galleria rappresentativa della seconda generazione di artisti
aderenti alla corrente verista dell’Ottocento napoletano,
quasi tutti allievi dell’Istituto di Belle Arti, e seguaci del Palizzi
e del Morelli.
La decorazione dei saloni
viene compiuta nel 1893, in occasione dell’ampliamento del Caffè con
le sale che affacciano sulla monumentale Piazza del Plebiscito: il
progetto dell’intero apparato decorativo viene affidato ad Antonio Curri.
Il Curri, docente di
Architettura ed Ornato nella Real Università di Napoli nonché
professore onorario dell’Istituto di Belle Arti, si era distinto come
artefice di numerosi impianti decorativi quali il restauro della
facciata del Duomo di Napoli, la decorazione della chiesa di San Giovanni
a Mare e, soprattutto, la decorazione della "Galleria Umberto I".
Quest’ultima,
inaugurata il 10 novembre 1892, si può definire l’opera più
rappresentativa in città sia della classe borghese napoletana che dell’architettura
dell’era industriale la quale, con le sue strutture in vetro e
metallo, ha come obbiettivo una fusione tra bello e funzionale ed ha
come suo prototipo mondiale la Torre Eiffel a Parigi e la Mole
Antonelliana in Italia.
La decorazione dei saloni
del Gambrinus si pone come un’altra importante tappa del modernismo in
Napoli ed il fatto che ci si trovi in un Caffè non diminuisce lustro
all’opera, anzi la arricchisce di valenze particolari legate ai
costumi dell’epoca. Se nel complesso la decorazione degli stucchi può
definirsi floreale, in più di un particolare è possibile cogliere
quell’accento eclettico che non può far a meno di continui richiami
al mondo classico. Nel lavoro decorativo il Curri si avvalse della
collaborazione di Gaetano D'Agostino e Salvatore Cozzolino, mentre una
vasta rappresentanza di pittori trova spazio sulle pareti e nei vani
delle finestre, espediente che permetteva di mettere in mostra la ricca
decorazione anche di passanti. I quadri nel loro insieme sono
rappresentativi della tipologia della produzione napoletana di fine
secolo, contrassegnata dal vedutismo
di squarci naturalistici en plain air o da ritratti di giovani popolani
e popolane o rappresentanti del bel mondo sempre colti in pose naturali
come in uno spaccato di vita quotidiana. Tuttavia, pur nell’imprescindibile
marchio di napoletanità, è possibile in tra ve de ne alcuni aspetti
collegati alle correnti estetiche di discendenza francese e austriaca.
Il tutto fa della galleria dei saloni del Gambrinus un monumento
omogeneo rappresentativo del panorama pittorico e decorativo della
seconda metà del secolo, tale da richiedere un approfondimento di studi
che ne rivaluti il ruolo, la funzione ed il valore monumentale.
Dr.ssa Manuela
Calabrese
Staff del Presidente A. Lamberti
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