Castel SANT'ELMO

La grande mole tufacea del Castello sulla sommità della collina è uno dei luoghi più rappresentativi della città di Napoli. L’attuale configurazione, con impianto stellare a sei punte, fu realizzata tra il 1537 e il 1547 su progetto di Pedro Luis Escrivá di Valenza, esperto architetto militare, al servizio del Viceré don Pedro de Toledo, come ricorda l’epigrafe posta sul portale d’ingresso.
Affianco alle suggestioni uniche della Certosa, Castel Sant'Elmo, emblema e baluardo storico della città, completa l'attrattiva del polo di San Martino.
Il Belforte, questo in origine il nome del Castello, sorge nel 1329 per volere di Roberto d'Angiò sulla collina di Sant'Erasmo, l'attuale collina del Vomero. Completamente ristrutturato nel 1547, assume la pianta stellare che lo caratterizza e diviene una delle fortezze più moderne del tempo, fulcro del sistema difensivo cittadino.
Un restauro integrale, iniziato nel 1976, consente oggi di ammirare la vasta piazza d'armi, con gli antichi alloggi degli ufficiali, la chiesa cinquecentesca, le ampie sale interne e gli spalti, per godere di un panorama indimenticabile della città e di tutto il golfo.
Il Castel Sant'Elmo domina dall'alto la città, sorgendo nella zona di San Martino, in cima al quartiere Vomero. La posizione arroccata, l'impianto a forma di stella a sei punte, e lo schema "a doppia tenaglia", che consentiva di disporre le forze difensive in posizione simmetrica, ne facevano una fortezza inespugnabile. Dalla piazza d'armi e dagli spalti si gode di una vista suggestiva del centro antico e del golfo di Napoli: dai luoghi dell'antica Partenope a Neapolis, con la stretta feritoia di Spaccanapoli.

Il castello vede la sua origine nel 1275, durante il regno di Carlo I d'Angiò. In questa fase doveva avere la struttura di un palatium medievale. Roberto d'Angiò lo ampliò nel 1329, affidando l'incarico a Francesco di Vivo e Tino da Camaino. Il palatium, chiamato Belforte, era di forma quadrata, fortificato con mura e torri sul lato frontale. Nel corso della ricostruzione venne modificato con opere difensive, tanto da essere chiamato castrum Sancti Erasmi, probabilmente per la presenza di una cappella dedicata a Sant'Erasmo. La ricostruzione cinquecentesca, voluta da Carlo V e diretta da Don Pedro de Toledo, fu eseguita secondo il progetto dell'architetto Pedro Luis Escrivà di Valenza. Tra il 1538 ed il 1546, il castello (chiamato Sant'Ermo o Sant'Elmo forse dall'originario Sant'Erasmo) trovò la sua attuale configurazione. La pianta stellare a sei punte ben si addice al luogo e alla funzione strategico-difensiva. Lavori di riedificazione furono realizzati nel 1599 da Domenico Fontana (nel 1587 un fulmine aveva colpito il deposito di munizioni, distruggendo la palazzina del castellano, gli alloggi militari e la chiesa). Comunque, l'originaria struttura non è mai stata alterata né da questo né dai successivi restauri. Teatro degli ultimi atti della vita della Repubblica Napoletana del 1799 (ospitò le ultime disperate difese dei rivoluzionari ribellatisi alla tirannia dei Borbone, fino alla loro capitolazione), è stato demanio militare fino al 1976, anno in cui ha avuto inizio l'ultimo restauro, condotto dal Provveditorato alle Opere Pubbliche con l'intento di restituirlo alla città come sede di attività culturali. È stato realizzato un auditorium per settecento persone e sono stati ricavati molti locali nel piazzale d'armi e nel livello sottostante.

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Castel Sant'Elmo è un castello medievale, oggi adibito a museo, sito sulla collina di San Martino, a Napoli. Un tempo era denominato Paturcium e sorge nel luogo dove vi era, a partire dal X secolo, una chiesa dedicata a Sant'Erasmo (da cui Ermo e poi Elmo).
Questo possente edificio trae origine da una torre d'osservazione normanna chiamata Belforte. Per la sua importanza strategica, il castello è sempre stato un possedimento molto ambito: dalla sua posizione si può controllare tutta la città, il golfo, e le strade che dalle alture circostanti conducono alla città.
Le prime notizie storiche sul castello risalgono al 1329, anno in cui Roberto il Saggio ordinò al reggente della Vicaria, Giovanni de Haya, la costruzione di un palazzo, il Palatium castrum, sulla sommità della collina di Sant'Erasmo. Gli architetti incaricati del lavoro furono Francesco de Vico e Tino da Camaino; alla morte di quest'ultimo, nel 1336, gli successe Attanasio Primario e dopo di lui, nel 1340, Balduccio de Bacza; i lavori furono ultimati nel 1343 sotto il regno di Giovanna I d'Angiò.
Il castello ha avuto una lunga storia di assedi: nel gennaio del 1348, dopo l'efferato omicidio di Andrea di Ungheria, ebbe il battesimo del fuoco con il suo primo assedio da parte di Ludovico di Ungheria giunto a Napoli per vendicare il fratello la cui uccisione era attribuita a sua moglie, la regina Giovanna I d'Angiò. Dopo la resa della regina, il castello fu occupato da Carlo di Durazzo.
Nel 1416 la regina Giovanna II lo vendette per la somma di diecimilacinquecento ducati ad Alfonso d'Aragona. Il castello fu un ambito obiettivo militare quando francesi e spagnoli si contesero il regno di Napoli. Don Pedro di Toledo lo fece ricostruire nel 1537 su sollecitazione dell'imperatore Carlo V. I lavori furono curati dall'architetto Pietro Luigi Scrivà, il quale effettuò una fortificazione dell'intera altura di San Martino.
Nel 1587 un fulmine, caduto nella polveriera, fece saltare in aria buona parte della fortezza uccidendo 150 uomini ed arrecando danni al resto della città.
Nel 1647, durante la rivoluzione di Masaniello, vi si rifugiò il viceré duca d'Arcos mentre il popolo invano cercava di impadronirsene. Il forte bombardò la città e, grazie alla difesa organizzata dal castellano Martino Galiano, resistette agli assalti del popolo.
Nel 1707 fu assediato dagli austriaci, nel 1734 dai Borbone. Durante i moti del 1799 fu preso dal popolo poi occupato dai repubblicani che, il 21 gennaio, vi piantarono il primo albero della libertà e il 23 vi innalzarono la bandiera della Repubblica Napoletana.
All'arrivo del cardinale Ruffo, divenne carcere nel quale furono prigionieri, tra gli altri, il filosofo Tommaso Campanella (dal 1604 al 1608) e Giovanna di Capua, principessa di Conca, nel 1659.
Al tempo della Rivoluzione Francese il carcere ospitò alcuni patrioti napoletani: Mario Pagano, Giuliano Colonna, Gennaro Serra di Cassano, Ettore Carafa. Durante i moti del 1799 vi furono rinchiusi Domenico Cirillo, Francesco Pignatelli di Strongoli, Giovanni Bausan, Giuseppe Logoteta, Luisa Sanfelice e molti altri. Durante il Risorgimento ospitò il generale Pietro Colletta, Mariano d'Ayala, Carlo Poerio, Silvio Spaventa.
Oggi il castello appartiene al Demanio Civile ed è adibito a Museo.

Il castello rappresenta uno dei più significativi esempi di architettura militare cinquecentesca. Esso ha assunto l'aspetto attuale in seguito ai lavori di fortificazione voluti dal viceré don Pedro di Toledo e realizzati su progetto dell'architetto Luigi Scrivà. Quest'ultimo concepì una pianta stellare con sei punte che sporgono di venti metri rispetto alla parte centrale e collocò, in luogo dei tiranti, enormi cannoniere aperte negli angoli rientranti.
Questa insolita costruzione militare priva di torrioni, che suscitò molte critiche al momento dell'edificazione, è risultata negli anni molto funzionale. Cinta da un fossato era dotata di una grande cisterna per l'approvvigionamento d'acqua. Prima del fossato sorge una piccola chiesa dedicata, nel 1682 dagli Spagnoli, a Santa Maria del Pilar.
Per accedere all'interno del castello bisogna percorrere una rampa ripida e attraversare un ponticello schermato da mura laterali nelle quali si aprono dodici feritoie per ciascun lato.
Dopo il ponticello vi è la Grotta dell'Eremita, un antro che, secondo la tradizione, avrebbe ospitato in tempi antichissimi un cenobita.
Sul portale in piperno campeggia lo stemma imperiale di Carlo V, con l'aquila bicipite e un'iscrizione in marmo che ricorda il suo regno ed il periodo vicereale di Pedro di Toledo, marchese di Villafranca. Sette feritoie assicuravano la difesa alle guardie del ponte levatoio qualora fossero state attaccate prima di riuscire a chiudere il ponte.
Nell'ingresso, a sinistra, è stato collocato, in età napoleonica, un cancello a ghigliottina realizzato nello stile dell'epoca. Dopo questo secondo ingresso ha inizio la rampa finale di ingresso al castello: nella seconda curva si apre, a destra, un'ampia finestra che affaccia sulla città e sul centro storico. Più avanti ancora, sulla destra, si trovano un portale in tufo e piperno introduce nei locali adibiti a carcere.
Alla sinistra di questo ambiente si può notare un altro locale con ampia finestra, adibito ancora a prigione, dal quale si intravede il carcere dei prigionieri comuni. Sulla destra della zona d'aria vi è una larga gradinata che conduce ad altre due celle e alla prigione comune. Sulla sinistra del locale adibito a carcere della Sanfelice ci sono i servizi per i carcerati. Ritornando indietro e proseguendo si incontrano sette ampie arcate: la prima si apre sul golfo della città, le altre dominano il centro storico. Prima della piazza d'armi, sulla sinistra, ancora tre spaziose aperture dalle quali si può ammirare un panorama di Napoli che spazia da Capodichino a Capodimonte e alla collina dei Camaldoli.
Sulla Piazza d'Armi si erge la Torre del Castellano: gli ambienti che la compongono rappresentano quanto rimane dell'alloggio del comandante e del personale del castello. La pavimentazione del piazzale è dell'epoca della costruzione.
Al di sotto del piazzale sono due enormi cisterne che assicuravano l'approvvigionamento di acqua al presidio in caso di assedio. Sulla sinistra della torre vi è una piccola rampa seguendo la quale si giunge ad una terrazza che dà sulla parte occidentale della città. Proseguendo, sulla sinistra, si continua con l'ingresso a quei locali che furono adibiti fin dal 1915 a prigione militare.
Nello spessore delle mura, in epoca moderna, è stato impiantato un serbatoio d'acqua dalla capacità di 400 metri cubi per alimentare la zona del Vomero. All'angolo esterno di questa passeggiata, una garitta borbonica in piperno domina la zona tra il Capo di Posillipo, Nisida, Capo Miseno e tutta la zona Flegrea.
Sul grande piazzale in cima, sorge la piccola Chiesa dedicata a Sant'Erasmo, eretta nel 1547. Al suo interno conserva un pregevole pavimento in maiolica e cotto, tipico dell'artigianato napoletano. Dietro l'altare vi è la tomba del castellano don Pedro di Toledo e le pietre tombali di altri castellani come Martino Galiano, Giovanni Buides (1721) e Francisco Vasquez (1776).
Sulla sinistra si trova uno spazioso ambiente ricavato in epoca recente senza alterare le strutture originarie del castello. Attualmente è adibito a sala congressi.

 

 

 


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