IL  LAGO D’AVERNO: MITO E REALTÀ 

Mitico cratere dalle acque plumbee e tenebrose; vulcano senza respiro se non quello riflesso nelle acque immote dal colore infernale; simbolo di ciò che sta tra il reale e l’irreale, tra la notte dell’uomo e l’alba del suo animo; dimora consacrata al regno dell’oltretomba  e del mistero, sulle cui sponde l’uomo per secoli è penetrato con il suo dolore e la sua solitudine, chiedendo alle ombre la luce del futuro. Con l’approdo su queste coste dei primi coloni greci, i culti, i miti e le leggende da essi importati si sono fusi con quelli delle divinità preesistenti. Le immote acque del lago hanno accompagnato per secoli il silenzio dei riti e dei sacrifici al dio degli Inferi, Plutone e alla sua sposa Proserpina.  

L’origine del mito, che faceva dell’Averno l’accesso ai regni infernali è da ricercarsi in qualche antica mofeta, ultima fase dell’attività vulcanica prima che le acque colmassero il cratere. Dal raffreddamento del magma si svilupparono gas, quali l’anidride carbonica e l’idrogeno solforoso, emanazioni letali per gli esseri viventi.

A questo remoto fenomeno si deve la leggenda degli uccelli che, volandovi sopra, vi cadevano morti: leggenda da cui sarebbe derivato il toponimo di Averno, cioè senza uccelli. Nacque così, tra le popolazioni preelleniche, il culto  di divinità catatoniche e,  per il maggior potere che si attribuiva all’uomo dopo la morte, come quello di apparire ai viventi in sogno o di spostarsi da un luogo all’altro, venne aggiunto a questo culto il rito dell’evocazione dei defunti.

Le prime testimonianze letterarie ce le dà Strabone nella  sua enciclopedica opera che è “La Geografia” (V. 4,5) :” Presso Baia si trova il golfo di Lucrino e, nell’interno di questo, l’Averno che trasforma in penisola la terra che è compresa fino a Miseno, a cominciare dalla linea trasversale  che corre tra Cuma e l’Averno. Il tratto di terra rimanente è un istmo di pochi stadi  lungo il cunicolo che va a Cuma ed al mare ad essa contigua. I nostri antenati hanno vagheggiato che nell’Averno si svolse la Nekya , quella descritta da Omero e, in verità, narrano che qui fosse il Nekyomanteion, al quale si recò Odisseo. E gli abitanti raccontano anche la favola secondo la quale  gli uccelli che volano al di sopra del golfo cadono in acqua uccisi dalle esalazioni dell’aria, come avviene in ogni luogo chiamato Plutonio. “

Il riferimento ad Omero riguarda il libro XI dell’Odissea. La maga Circe consiglia Ulisse di  dirigere la sua peregrinazione “verso l’oscura casa dell’Ade per ascoltare l’indovino Tiresia e recarsi ov’è il popolo dei Cimmeri, che non vede mai il sole” Il fitto bosco che contornava l’Averno un tempo, era infatti la dimora dei Cimmeri, menzionati anche da Efeso e da Strabone. Essi vivevano in case sotterranee, collegate tra loro da cunicoli e  sono da ritenersi o coloni provenienti dalla Grecia o discendenti dagli Opici, figli delle tenebre e custodi dell’oracolo dei morti.    

E ad Omero si ricollega Virgilio. Nel libro VI dell’Eneide, l’eroe, nel suo viaggio nel golfo di Napoli giunge presso Pithecussa (Ischia), sbarca a Miseno, che prenderà il nome di uno dei suoi compagni e dai qui, a Cuma, dove, dopo aver consultato la Sibilla, penetra nell’Ade dove  il padre Anchise accende il suo cuore alla futura gloria. Perfino Annibale, nel 209 a.C. essendo sceso con le sue soldatesche a saccheggiare l’agro cumano e a minacciare Pozzuoli, sentì il bisogno di sacrificare alle potenti e misteriose divinità del luogo e l’uso dei sacrifici continuò sin dopo Costantino.

Marco Vipsanio Agrippa (63-12) a.C. lo dissacrò trasformandolo. Per ottenere il legno necessario a costruire un’ imponente flotta da opporre a Sesto Pompeo, fece tagliare tutto il fitto bosco che ne ricopriva le sponde e il lago stesso ne divenne il cantiere. Per agevolare il passaggio delle milizie romane, fece abbattere le sponde e scavare gallerie in tutti i sensi sotto il monte Grillo.  Ne diede  l’incarico a “quella talpa di Cocceio”, come il grande Maiuri definì il famoso architetto, del quale ancor oggi sopravvivono le opere nella zona e specialmente l’imponente grandiosità della Crypta sotterranea, che metteva in comunicazione il lago con la munitissima rocca di Cuma.  Porto e base strategica dopo che fu tagliato un largo canale che lo poneva in collegamento con l’antistante lago Lucrino e con il mare, l’Averno divenne nel 37 a. C. il  Portus Iulius, le cui strutture sono ancora visibili grazie alle escursioni in barca organizzate nell’area del Parco Sommerso di Baia. 

Dopo pochi decenni dalla sua costruzione, la base della flotta imperiale romana dovette esser trasferita a Miseno per gli effetti del bradisismo e il continuo insabbiamento del canale dovuto alla furia dei marosi. Per l’Averno iniziò un lungo periodo di abbandono poiché l’impantanamento delle acque portò il diffondersi della malaria .

Dopo secoli, nel 1770 l’abate Ferdinando Galiano. ministro napoletano propose al capo del governo borbonico, Bernardo Tanucci, di bonificare l’Averno e il vicino lago Lucrino ripristinando il collegamento con il mare, al fine di favorire il ricambio delle acque, ma la richiesta non ebbe esito. Si dovette attendere il 1855 per vedere l’inizio dei lavori. Quell’anno il Re delle Due Sicilie, Ferdinando II di Borbone, decretò di aprire l’Averno alla navigazione con la protezione di tre scogliere poste a protezione del canale di collegamento, ma gli avvenimenti del 1860 e la conseguente annessione al Regno piemontese provocarono l’interruzione dei lavori da poco iniziati. Le opere realizzate furono abbandonate ed andarono distrutte.

Il lago oggi si presenta come una bellissima oasi di pace immersa in pieno centro urbano. Il colore delle sue acque non è plumbeo ma di una suggestiva intonazione di verde smeraldo. Le sue misure sono ridotte alla metà a causa dell’eruzione  e la nascita, nel 1538, del vicino Monte Nuovo, che sconvolse tutta l’intera località. Di forma ellittica e una profondità massima di 35 mt, è stato accertato che la sua nascita vulcanica risale a 4.000 anni fa. È collegato al Lucrino con un piccolo canale, per cui le sue acque sono salate. Ridenti case immerse nel verde dei vigneti ricoprenti le sue sponde sorgono oggi dove un tempo risplendevano le grandi ville romane delle quali la più famosa  era certamente quella di Cicerone. Dopo la morte del grande oratore la villa fu acquisita al demanio imperiale e vi fu sepolto l’imperatore Adriano, morto a Baia nel 138 d.C.

Le uniche testimonianze di quell’aureo periodo sono le rovine di quello che viene chiamato “Il tempio di Apollo “, che, in realtà, era un edificio termale.

In questi giorni il lago è tornato alla ribalta perché, finalmente, dopo 17 anni la Cassazione, a sezioni riunite,  ha messo fine alla contesa che aveva proprio per oggetto il lago. Questo bacino dal 1750 è di proprietà della famiglia Pollio per un lascito avuto dai Borbone. Il 2 giugno 1991 è stato reso pubblico l’atto di compravendita, per due miliardi e 600 milioni, (!) fra i sei eredi della famiglia e un gruppo di imprenditori, la società Country Club, che avrebbe voluto trasformare il lago in un gigantesco complesso turistico. Il caso, riportato  dal Mattino, ha sollevato, naturalmente, ampie proteste e denunzie da parte dell’opinione pubblica per cui il Ministero dei Beni Culturali e Ambientali ha bloccato le trattative apponendo il vincolo monumentale previsto dalla legge 1089/39  sull’intero comprensorio del lago d’Averno. Il Governo ha, successivamente esercitato diritto di prelazione nell’acquisto del lago. Il bacino è, come tutti i laghi, demaniale.” Il regno di Caronte non si tocca!”

Intanto già nell’ottobre del 2006, a seguito della richiesta della Iucn (Unione internazionale per la conservazione della natura) è stato completato l’iter per la candidatura dei Campi Flegrei nel patrimonio mondiale dell’Unesco, grazie al bradisismo al quale la zona è soggetta. Regione. Provincia e Comuni hanno siglato un protocollo d’intesa per affidare la gestione dell’area al Parco regionale dei Campi Flegrei. comprendente Monte Nuovo di Arco Felice, la Solfatara, il lago d’Averno, il Rione Terra di Pozzuoli, il Parco  Archeologico della Gaiola e il Parco Sommerso di Baia. Nel 2007 la candidatura è stata presentata sotto la dicitura “Bradisismo nei Campi Flegrei” quale fenomeno naturale. Il dossier e il piano di gestione sono stati dichiarati ammissibili e valutati positivamente dopo il sopralluogo della commissione Unesco. Il verdetto dovrebbe uscire in questi giorni e speriamo sia positivo. Sarebbe un bel traguardo che può costituire una svolta importante per il territorio e il rilancio di un turismo internazionale.

   

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