Isola di Capri
Perla del Mediterraneo

Capri: l'immagine di un sogno

Scrivere oggi di Capri, quando se n'è scritto all'infinito e in tutte le lingue; parlare di quest'isola, definita la più bella fra tutte le bellezze del creato; parlare degli uomini di primissimo piano che vi sono approdati per pochi giorni, o per mesi, o per restarvi tutta la vita e che, ammaliati dal suo fascino, hanno fatta diventare il salotto culturale ed esteta del mondo; parlare dell'indole dei suoi abitanti, gentili e tenaci lavoratori, ha, oggi, il solo significato di trascrivere il vissuto umano di un secolo e mezzo di storia, in base alle testimonianze di migliaia di scrittori.

E significa mettere a confronto queste testimonianze del passato con quella che è l'immagine odierna dell'isola.

Certamente a chi giunge a Capri nella stagione turistica, che qui dura sei mesi, da maggio ad ottobre, con uno dei numerosissimi aliscafi o con una delle mastodontiche navi, troppo grandi per un porto così piccolo, navi che vomitano sul molo centinaia di persone al giorno, l'isola offre lo spettacolo di una selva di alberi di imbarcazioni di tutti i tipi che affollano, fino all'inverosimile, il porto passeggeri e quello turistico, facendo uno stridente contrasto con la tranquillità naturale del paesaggio.

I moderni vacanzieri che approdano oggi, tranne i turisti, per lo più stranieri, che ancora restano a bocca aperta davanti al profilo dell'isola e alla coloratissime casette di Marina Grande, sono solo pronti a dare l'assalto alle sedie della celebre piazzetta, "il salotto del mondo", o alle spiagge, insozzandole di rifiuti, o ad affollare le strade del centro, alla ricerca del souvenir o del capo d'abbigliamento" made in Capri".

I turisti di oggi non sono affascinati dal paesaggio o dal canto delle sirene come i primi visitatori del '700 e specialmente dell'800, che hanno creato il mito del celebre scoglio.

In questa che Norman Douglas definì "La terra delle Sirene", le sirene non cantano più, o almeno, cantano quando, finita la stagione balneare, Capri torna ad essere se stessa; torna ad offrire i suoi più vividi colori, non appannati dalla foschia della calura estiva o dalle mefitiche esalazioni dei motori. Torna ad offrire il sogno della sua immagine - sia pure con il cemento che ha ricoperto le sue verdi pendici - immortalata, alla fine del '700, dal tedesco Jacob Philipp Hackert e, nella prima metà dell'800, dal nostro Giacinto Gigante.

A loro fece seguito, per tutto 1'800 e la prima metà del '900 una generazione di pittori che hanno amato e valorizzato l'isola, e che rispondono ai nomi di Witting, Carelli, Lanza, La Volpe, Smargiassi, De Gregorio, Casciaro, Diefenbach, Migliaro, Coleman, Pratella, Viti e tanti altri i cui dipinti abbelliscono le sale del Museo Nazionale di Capodimonte e il Museo Nazionale di San Martino.

A metà '800 arriva a Capri la fotografia e materializza il sogno dell'isola in bianco e nero, moltiplicandola all'infinito e diffondendola in tutto il mondo: James Gralham, Robert Rive, Giorgio Sommer e poi i nostri Alinari e Brogi, che preparano il terreno alla cartolina. L'isola viene fotografata in tutti i suoi angoli: uno sterminato catalogo di immagini che, con i fotografi napoletani Guida, Esposito e lo stesso Arturo Cerio, fratello del più celebre Edwin, raccontano allo stesso tempo, la presenza umana dell'isola. Fotografano la vita dei pescatori e dei contadini, i matrimoni, le feste di piazza, l'architettura delle case, dal tipico stile detto, appunto, "caprese"; mettono in posa le popolane, si arrampicano sul Monte Solaro, sul Castiglione, sulla rupe di Tiberio a fotografare il Paradiso.

Ed insieme a questi artisti approda nell'isola a metà '800, una moltitudine di personaggi di spicco che creano il suo mito, primi fra tutti i Russi, che danno inizio al turismo, seguiti dai Tedeschi, dai Francesi, dagli Inglesi e dagli Americani, senza parlare delle personalità italiane e quelle di tutto il mondo.

Pittori, scultori, poeti, musicisti, intellettuali, scienziati, politici, e poi, regnanti, principi, sceicchi, nobili: tutti sono rimasti ammaliati dalla bellezza dolce e nello stesso tempo aspra dell'isola e dalla cortesia dei suoi abitanti.

Ma se, fra quelli che sono stati i personaggi dell'800, l'epoca d'oro di Capri, pochi erano i "normali", nel senso borghese della parola, tutti avevano una dote comune: lo "charme" che li ha distinti dai loro successori.

Capri è stata sempre sinonimo di trasgressione e di eccentricità. Anche in epoca più vicina a noi, mettere il piede nell'isola, non si sa perché, metteva addosso un'euforia, una voglia di distinguersi dagli altri con qualcosa di originale, di unico, per la sola gioia di stupire.

Negli anni sessanta, settanta, molti camminavano scalzi perché Jacqueline Kennedy aveva lanciato questa moda, nonostante l'isola fosse famosa nel mondo per i suoi sandali di corda, chiamati appunto "capresi" Si sfoggiavano le toilette più stravaganti, i gioielli più vistosi; era molto chic per le signore portare in testa una paglia a grandi falde e, sotto di essa, un foulard. Si faceva l'alba nelle ville private e a gara a chi organizzava la festa più spettacolare. Le signore uscivano sempre in lungo la sera, mentre i loro accompagnatori sfoggiavano elegantissime camicie e pantaloni scuri. Delle volte si sbizzarrivano con le giacche, dai colori impossibili, ed in queste "mise" gli Americani battevano tutti.

Ogni epoca ha avuto i suoi personaggi, rimasti nella memoria per la loro simpatia, per la loro classe ed anche per le loro stranezze.

La mia epoca è stata quella di "Mare Moda", la bella manifestazione che si svolgeva nel chiostro della Certosa di San Giacomo e che vedeva i più grandi sarti di tutto il mondo presentare, in scenografie meravigliose, i costumi e i vestiti estivi che da Capri inondavano il mondo. Chi può dimenticare i mantelli da gran sera, dal taglio impeccabile, del grande sarto, il marchese Emilio Pucci? O i copricostume coloratissimi e gli originali accessori del grande amico Livio De Simone? Erano inconfondibili per essere dipinti a mano, per l'accostamento dei colori e per il gusto del loro creatore.

"O sole! E' bello o sole!" andava cantando l'esuberante Livio, passando da un tavolo all'altro dei caffè della piazzetta e tutti se lo contendevano.

I Kennedy erano tra gli habitué dell'isola; Onassis e la Callas, ogni anno arrivavano sul bellissimo panfilo "Christina" e la sera si deliziavano, nei più famosi ristoranti, ad ascoltare la voce melodiosa, del chitarrista "Scarola", al secolo Giuseppe Savarese. Le più importanti star di Hollyvood occupavano i tavoli della terrazza-bar del "Quisisana"; Peppino Di Capri cantava "Roberta", dedicata alla prima moglie.

E parlando di ristoranti, il più famoso di tutti era "La Pigna", il cui emblema era appunto quest'albero, incorporato nel bel mezzo del salone principale e svettante, con il suo ombrello illuminato dai riflettori, su tutto il lato nord dell'isola. Chi può dimenticare la gentilezza dei suoi proprietari, il pittore Luigi De Gregorio, che teneva più ai suoi quadri che alla gestione del ristorante, la povera moglie, Giuseppina, che sfacchinava tutto il giorno, dormendo appena tre ore o quattro ore a notte, e il simpatico figlio, l'instancabile e affettuosissimo Renato?

Al mattino, quando i primi villeggianti incominciavano a scendere alle spiagge di Marina Piccola, Letizia Cerio, l'ultima della grande dinastia dei Cerio, già risaliva. Faceva i bagni anche in pieno inverno e per riscaldarsi, indossava un pesantissimo giaccone di lana e correva per un'ora sulle terrazze della "Canzone del Mare". Quando riceveva nel suo turrito castello, aveva l'abitudine di tenere sempre in mano delle pietre di ambra, che servivano a calmare i nervi, diceva.

Chi può dimenticare quei piattoni di fiori di zucca imbottiti e croccanti che ci faceva trovare Augusto, il nipote della bella Carmelina, la danzatrice della rupe di Tiberio, allorché, trafelati, arrivavamo fin lassù? Lo chiamavano "L'imperatore di Capri" perché gestiva il suo piccolo ristorante proprio sotto Villa Iovis, la reggia del grande e dissennato imperatore. Dal celebre salto, quando non c'era foschia, riuscivo a distinguere perfino le sagome inconfondibili del Monte Stella e di capo Palinuro.

Edda Ciano,. imitando i baccanali in onore del dio Mitra, il cui culto era diffusissimo a Capri ai tempi di Tiberio, dava le sue feste orgiastiche nella grotta naturale del Castiglione, collegata alla sua villa da un impervio sentiero, quasi fosse un nínfeo romano. Roger Peyrefitte se la spassava con i suoi baldi giovanotti e le coppie di gay erano una normalità II giorno dell' 'Indipendente Day americano, il 4 luglio, c'erano tutti alla sfilata e tutti di bianco vestiti, (il loro segno di riconoscimento) per far spiccare meglio la loro abbronzatura Partendo dalla gioielleria "La Campanina" di Alberto e Lina Federico, organizzatori della festa in onore della numerosa colonia americana, si dirigevano al ristorante "La Pigna" a banchettare, seguiti dalla banda "Putipú" di Scialapopolo, che, in una barca, suonava i tipici strumenti popolari. Sasà Macrì vantava il suo amore con Soraya e i play boy le loro avventure.

E mentre gli intellettuali e gli scienziati se ne stavano rintanati nelle loro belle dimore di Anacapri, in piazzetta si doveva fare a gomitate per camminare.

Pupetto Sirignano, ossia il principe Francesco Caravita di Sirignano, che ha vissuto una vita a Capri, alternando l'isola col resto del mondo, nelle sue sporadiche apparizioni in piazza, soleva dire: "Quando vedo gente "banale" sbarcare a Capri, sento una fitta al cuore. Vorrei che fossero tutte persone favolose, eccezionali, eleganti, giovani e belle. Vorrei che Capri fosse frequentata solo dalla "fine fleur" dell'umanità".

Ma si sa: tutto cambia e non bisogna attaccarsi al luogo comune: "Come era bella una volta!" Capri è sempre li, con i suoi paradisiaci panorami e basta allontanarsi dalle strade del centro, prendere la via di una qualsiasi delle sue romantiche passeggiate per trovarti a tu per tu con la natura, bearti dei profumi delle fiori e delle erbe selvatiche o dei gelsomini, di cui è impregnata l'aria.

Il suo mare è sempre azzurro; il tramonto inonda di luce ramata il monte Solaro e Villa Iovis; i gabbiani danno la buona notte agli abitanti dell'isola con le loro stridenti urla, quasi umane; volteggiando da una roccia all'altra; forse c'è ancora la lucertola azzurra sui Faraglioni.

E la luna di luglio e di agosto, quando si affaccia proprio fra i due magici scogli, inondando d'argento lo specchio d'acqua della Piccola Marina, costituisce sempre uno degli spettacoli più belli che occhio umano abbia mai visto.

Renata Ricci Pisaturo

 


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