'99
ROSA PANARO
Ho avuto modo in altre occasioni di dire che all'Assessore
alla Cultura non compete entrare nel merito della qualità e della natura
dell'arte professata da ogni artista di cui si patrocina il lavoro e l'impegno.
Intendevo, e intendo, che tocca ad altri, ben più competenti, fare ciò;
all'Amministratore che guida un settore di pubblica responsabilità dovrebbe
spettare piuttosto precisare intenti e modi che sottostanno alla sua azione nei
confronti dell'arte e della cultura.
Ovviamente, nel caso specifico, la prima cosa cui voglio riferirmi è la figura
umana, civile e "politica" di Rosa Panaro, ricordare un percorso di vigoroso
impegno e di testimonianza caparbia quanto disinteressata di donna-artista.
Donna-artista, con tutte le difficoltà e gli ostacoli che da noi (ma non solo
nella nostra città) si frappongono e limitano duramente la pur prorompente
vitalità e voglia creativa di tante nostre pittrici, scultrici, letterate,
musiciste, artiste.
E dire così della sua tenacia, ma anche della sua ricchezza interiore, del suo
insopprimibile istinto di libertà e di invenzione. Nel fare da parte nostra un
semplice, doveroso gesto di incoraggiamento, abbiamo inteso per un verso
proseguire in un tentativo di colmare qualche lacuna, rimediare a qualche
distrazione o dimenticanza di troppo, per l'altra rendere omaggio alle "ragioni
creative" di un'artista-donna o donna-artista, che merita un posto di tutto
rilievo nel frastagliato e mutevole scenario artistico napoletano.
Guido D'Agostino
Assessore alla Identità, Cultura
e Promozione dell'Immagine
del Comune di Napoli
Che il primo volume di questa nuova collana di Altrastampa
Edizioni sia dedicato a una donna, a un'artista della mia città, a un'amica di
vecchia data ritrovata dopo molto tempo, a Rosa Panaro, è una serie di
coincidenze che mi rende particolarmente lieto. Se poi la mostra, che questo
catalogo accompagna, prende spunto dai drammatici personaggi della Repubblica
del '99, pagina tragica e, a quanto pare, tuttora ferita aperta e sanguinante
della storia di Napoli, è un motivo in più di orgoglio, per collaborare, ancora
una volta, con il mio piccolo contributo, come editore e come persona, in
un'operazione culturale in cui si addensano e si coagulano intelletti vivi e
senza età, incuranti delle mode e delle tendenze, che fanno la loro parte,
piccola o grande, con un solo scopo: rendere testimonianza di un'attenzione, di
una presenza coinvolta.
E coinvolgenti sono le opere di Rosa, che la fotografia di Gianni Rollin, ancora
un amico, ha reso emozionanti, cogliendone l'essenza carnale e il loro diretto
rapporto con la città, l'artista, e tutti noi.
La collana "Cd'A cataloghi d'arte", come d'altronde tutta la produzione di
Altrastampa Edizioni, piccola realtà che tra portentosi e sgomitanti giganti
cerca di portare avanti un modesto e caparbio progetto, vuole essere solo
questo: testimonianza di una presenza coinvolta.
Mariano Grieco
Cara Rosa,
lasciami chiudere un momento gli occhi: ho bisogno di sedimentare, riordinare e
riassestare la folla delle emozioni non soltanto visive provocatemi dalla visita
al tuo studio: per un attimo mi son sentito come quei piccioni a Venezia in
piazza San Marco che si levano in volo strepitando con un frullio e un battito
d'ali quando una mano tende loro o sparge in aria, per attirarli, un pugno di
chicchi di grano. Ora son lì, cheti e indaffarati, a beccare per terra i semi; e
anch'io, adesso, vado ritrovando il mio "mangime" e posso cercare di dare un
ordine a quel cumulo di sensazioni prodottemi dalla prorompente vitalità del tuo
modo o metodo di lavorare. Finalmente ho capito, guardando i tuoi lavori, che
anche con la cartapesta si può fare "scultura"; che anche la cartapesta diventa
scultura. Sembra un mezzo, la cartapesta, refrattario alla rappresentazione
plastica, alla distribuzione dei piani, al giuoco dei pieni e dei vuoti e
quindi:alla "scultura" correntemente intesa, giacché siamo abituati, quando la
nominiamo, ad associarla"a un'idea di fragilità (frangibilità), magari di
povertà se vuoi, certo di ordinarietà. E invece questi tuoi manufatti - in senso
letterale o metaforico - sprigionano nella loro volumetria una forza, una
presenza, anche quando rappresentano soggetti modesti o di poco conto, da
imporsi subito con la loro autonomia di "sculture". E insomma voglio dire che
c'è da parte tua, nella tua maniera di servirti della cartapesta e lavorarla
(anche per certa carica d'ironia con cui ti accosti ad essa), Una ricerca
inventiva prima che espressiva che dà la misura delle tue straordinarie qualità,
della tua singolare personalità. .
Di più: quell'ombra di grottesco, o meglio di espressionismo che a volte può far
sospettare, è come mitigata, alla resa dei risultati, da una misteriosa - non
saprei con quale altro termine definirla - partecipazione fantastica che tende a
sottolineare innanzi tutto il loro piacere d'esistere e al tempo stesso imprime
loro una sorta d'energia. Le tue donne - e in questa mostra ce ne sono molte, di
là dall'omaggio d'obbligo a Eleonora - i tuoi "mostri" - siano uccelli mutuati
dalla natura o creature nate dalla tua interiorità che non hanno nulla da
spartire con il mondo zoologico - riflettono per prima cosa proprio l'istintiva
felicità di chi li ha progettati, come in un perenne stato di grazia. In altri
termini non c'è drammaticità, in loro (anche se nell'attuazione si avverte
spesso il rovello del concepimento e della conseguente realizzazione) ma
semplicemente l'impronta addirittura tangibile della tua esuberanza
caratteriale: ch'è, mi sembra, il contrassegno primario (e distintivo) della tua
necessità di artista.
Buon lavoro, Rosa. Ti abbraccio.
Michele Prisco
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