NAPOLI FESTEGGIA
I 90 ANNI DI ROBERTO MUROLO

Mercoledì 23 gennaio 2002, la città di Napoli ha celebrato la festa di compleanno del Maestro Roberto Murolo. Il Presidente della Regione Campania Antonio Bassolino e il Sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino, nel pomeriggio si sono recati alla casa del neo-novantenne artista per porgergli gli auguri anche del Presidente della Repubblica Carlo A. Ciampi e consegnargli - a sorpresa - la nomina di "Cavaliere di Gran Croce" - massima Onorificenza della Repubblica.

Il programma prevedeva , in origine, che i festeggiamenti si sarebbero svolti nell’addobbato salone a festa di Palazzo San Giacomo - sede dell’Amministrazione Comunale di Napoli, ma per una improvvisa indisposizione fisica del festeggiato artista è stata inserita tale variante ed i festeggiamenti hanno visto il grande Murolo tra le mura di casa sua, impegnato a “soffiare” le 90 candeline sulla torta, congiuntamente al Sindaco, il Presidente, l’Assessore Rachele Furfaro, Renzo Arbore, Gloria Christian, e un ristretto numero di altre Personalità.

Tali momenti sono stati ripresi da una videocamera per poi essere ritrasmessi - al rientro della “ delegazione” - attraverso un video, nell’apposito Salone Cerimoniale di Palazzo San Giacomo, innanzi ad una folta platea di festeggianti.

Nel gremito Salone hanno poi preso la parola il Sindaco Iervolino, il Presidente Bassolino, Renzo Arbore, Rachele Furfaro, Nando Coppeto. Annunciando tra l’altro l’istituzione della “Fondazione Roberto Murolo” per divulgare e tutelare la Canzone Napoletana nel mondo.

Ad una passionale ed emozionata Giuliana Gargiulo è stato anche concesso il piacere del taglio di una simbolica torta posta sul tavolo conferenze con su impresso il 90, gli anni del compleanno del nostro "Robertino", che vide la luce il 19 gennaio 1912, ma fu poi dichiarato all’anagrafe il giorno 23.

L’Associazione Culturale Interviù trascrive per l’occasione una prefazione del compianto scrittore napoletano Domenico Rea, tratta dal libro "Ottanta voglia di parlare" scritto da Giuliana Gargiulo, e riportata nel libretto di uno storico concerto di Murolo con l’indimenticabile Regina del Fado Portoghese: Amalia Rodriquez, tenutosi al Teatro Mercadante di Napoli il 26 marzo 1994, nell’ambito del gemellaggio - Canzone Napoletana / Fado Portoghese.

Bruno Carrano

PREFAZIONE

Quando Roberto Murolo cominciò a cantare, la canzone napoletana era tutto un canto spiegato o a "ffronn"e limone", come si usava dire. Più il cantante strillava, più veniva applaudito. È vero anche che allora la canzone napoletana tutto quanto diceva era un rispecchiamento della realtà. Parlava di aruta e resedà, e le finestre ne erano piene. Parlava di pentite e di guappi e la città era piéna di peccatrici o sventurate e di guappi o sfregiatori di volti di donne. Proprio in quegli anni salirono agli onori del palcoscenico Guapparia, Munasterio 'e Santa Chiara, Tammuriata nera e Addò sta Zazà. Ma i tempi erano prossimi a cambiare. Gli Americani volevano ballare e la canzone napoletana, americanizzatasi, non fu più nè carne nè pesce. E sulla via di tutte le altre canzoni nazionali, la francese, la spagnola, eccetera, sarebbe andata certamente perduta.

E a questo punto che entra in scena Roberto Murolo, il quale, con un filo di voce dà alla canzone napoletana un nuovo spessore e una lunga durata. In pratica, egli porta la canzone napoletana dalla strada alla camera. Il sentimentalismo viene frastornato in sentimento, in una sorta di incantesimo e quasi droga per poche persone.

Murolo è uno chansonnier. E figlio di un grande poeta ed è abituato a leggere, a ripercorrere l'intero iter della canzone napoletana. È grazie a lui che si scopre il Seicento e il Settecento. Si devono a lui le scoperte delle villanelle. Il suo non è soltanto un recupero filologico, ma il recupero del soffiato, dell' appena accennato, del suggerito. Quella di Roberto Murolo comincia a diventare una canzone che, si accetti questa parabola, deve essere appena sillabata, come una nenia, come una preghiera che una persona recita nella massima intensità e intimità della sua anima. E cosi lui preserva la canzone napoletana dallo sciupio, dal logoramento e la restituisce come una cosa nuova, in musica da camera, dove ogni sillaba ha un suo peso e il suo posto. Una canzone napoletana restituita al suo canto spiegato, oggi, non è accettabile, è fuori del nostro tempo. Quella di Roberto non ha tempo perché è di tutti i tempi. È come un pensiero che passa fuggevole per la testa.

Domenico Rea

Dal libro "Ottanta voglia di parlare"
scritto da Giuliana Gargiulo