E. A. Mario

Il libro narra la vicenda umana, sociale e artistica di E. A. Mario. È uno spaccato di storia napoletana e italiana del periodò in cui egli visse e opero. Attraverso la narrazione emergono il carattere, la cultura letteraria e musicale, l’indole incorruttibile, la disponibilità generosa e disinteressata del Poeta verso coloro che ebbero la ventura di conoscerlo e - conoscendolo - di amarlo.

Con molta umiltà e infinita commozione mi sono accinta a scrivere la vita di mio padre, cercando il più possibile di non lasciarmi trascinare dall’amore filiale e rimanendo obiettiva nel raccontare la sua storia, confortata da documentazioni giornalistiche, raccolte in grossi volumi dallo Scomparso, nel corso della sua vita poliedrica, ricca di eventi prestigiosi.
Voglia il lettore benevolo scusare la mia forma espositiva, perché non ho presunzione né di scrittrice né tanto meno di storica: questo libro - realizzato con il contributo prezioso delle mie sorelle Delia Gaeta Polizzi e Italia Gaeta Nicolardi, alle quali va il mio commosso e doveroso ringraziamento - deve essere inteso come un atto d’amore e una testimonianza fedele di chi visse da vicino la Vicenda di questo Uomo per oltre quarant’anni.

Bruna Catalano Gaeta

Non c’era un libro sulla vita e l’attività di E. A. Mario: sembra strano, a pensarci ora che ho davanti le bozze dell’affettuoso e minuzioso lavoro compiuto dalla figlia Bruna, che tanto corrisponde alle consonanze paterne.
Di E. A. Mario si cantano le canzoni ogni giorno; nei teatri, nei ristoranti, sui pianoforti di casa si eseguono cento volte nel mondo le sue musiche, e nelle ricorrenze nazionali sono tante le bande che suonano la Leggenda del Piave. Sembrava quasi inutile che di un uomo che ha dato tante ali alla poesia ed alla musica si scrivesse la biografia e si raccontasse la vicenda esterna di esse di canzoni così celebri.
Ma la storia e la critica hanno bisogno di documenti, la memoria non potrà offrire valida materia agli indagatori di domani: bisognava adoprarsi per fissare sulla carta le date, i nomi, i momenti del cammino umano e artistico di E. A. Mario; compilare l’elenco delle sue canzoni, dare ad ognuna l’epoca, l’edizione, il testo.
E quest’ultimo lavoro non è affatto completo, tante furono le canzoni da lui composte; ma il presente libro offre intanto una messe preziosa di notizie, un primo materiale sul quale si dovrà ancora lavorare, e saranno i giovani a farlo.
Ecco perché questo libro non è solo un atto di amore, una lettura affascinante, un ritratto tenerissimo che una figlia intelligente - figlia d’arte, come suoi dirsi - fa del geniale suo padre: è il primo segno, quello che mancava; sprone per quella sistemazione critica che E. A. Mario aspetta, e che finora non poteva avviarsi per la mancanza di elementari dati biografici e bibliografici.
Non vi sono più alibi, dunque; bisogna ammettere che la presenza di E. A. Mario nella vita di Napoli e nella sua storia culturale, nell’arricchimento della voce poetica di una città in un lungo periodo che va
da un secolo all’altro, dal nostalgismo ottocentesco alla drammaticità degli episodi dell’ultima guerra, è determinante, appartiene alla storia della poesia ma anche a quella del costume; non è più e soltanto la divina accidentalità della esistenza di un Artista in un luogo e in un tempo, ma il segno di una epoca. Al volto di Napoli mancherebbero una linea e un solco, se non ci fosse E. A. Mario.
Vorrei ricordare una sua poesia, solo una, perché si cominci a riconoscere che accanto a quella di Di Giacomo è esistita un’altra voce; e che tanto più viva e rilevante essa è, proprio perché Di Giacomo è una luce accecante, di fronte alla quale era destinato a soccombere chi non avesse avuto una qualche vibrazione «diversa» nel proprio prisma di cristallo. Questa poesia di E. A. Mario - ignota ai più, come sono pochissimo conosciute le sue poesie rispetto alle celeberrime canzoni - si intitola «Malincunie d' 'a città»:

Strate ’e paese, strate
nfucate ’e sole, mt’ ’e ccuntrore ’e state,
quanno ‘e ccicale fanno ’e ccantatore;
strate ’e campagna addò, luntanamente,
comm’a n reco se sente
’o rummore d’ ’e trene, quanno passano,
e sultanto nu filo d’
’o telegrafo
s ’arranfeca pe’ dd ’nu «segno ‘e corda»
’e quacche malinconico ca se ricorda
ll’oro d’ ’e spiche, ’o giallo d’ ’e pagliare
e o rrusso ’e duje
- tre tittele
d’ e ccasarelle che lle sò cchiù care ...

Ed io aspetto che da questo libro cominci lo studio serio e responsabile dell’arte di E. A. Mario: al quale non bastano più le nostalgie ma servono le proposizioni critiche, la collocazione letteraria e la corretta valutazione del musicologo. Lasciamo da parte i pentimenti, le accuse, i rimorsi: Napoli fu poco grata al Poeta, non gli rese lieve la vita, lo colmò di rispetto e di ammirazione ma non fece molto per renderlo un tantino felice, lui che tanta dolcezza dava a milioni di uomini. Si credeva che fosse ricco, e non lo era; si pensava che dovesse esser pago della fama della sua «Leggenda», ma da essa gli venivano pochi diritti d’autore e molte amarezze; i grandi giornali, la radio, gli organismi pubblici non pensarono mai di dedicargli i grandi spazi che E. A. Mario meritava. Altrove sarebbe diventato un eroe nazionale, l’avrebbero venerato e colmato di agiatezze: si pensi a un Béranger ed a un Rouget de Lisle.
Ma questo è il passato. Il presente di un poeta è la sua opera che vive, sono le sollecitazioni che egli dà e darà sempre all’anima cosciente degli uomini. L’importante è che ci sia questo libro e ne vengano altri come questo: che si ristampino le poesie, si ripubblichino le musiche, si facciano i dischi: solo a tali riferimenti di cultura e di arte le giovani generazioni potranno richiamarsi se vorranno che la loro vita e quella della loro città abbia respiro, attraverso i legami sotterranei che - solo una volta ogni tanti anni - fanno fiorire la poesia sul groviglio del tumultuoso quotidiano.
Tormentata vicenda umana quella di E. A. Mario, arco di incantamenti la sua squisita opera di poeta e di musico: che si stempera nell’aria del Golfo, humus invisibile e generoso, contributo ad una civiltà. Come sempre accade nel rapporto tra gli artisti e la loro patria, aldilà della gratitudine: o della ingratitudine, fa lo stesso.

Max Vajro
Tratto da: Bruna Catalano Gaeta - E.A. Mario Leggenda e storia
Liguori Editore, Napoli 1989


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