Renato
Barisani
Opere
1950 - 2000
21
Ottobre - 30 Novembre 2000
Napoli Castel dell'Ovo
Le opere in
esposizione, circa novanta, documentano la ricerca complessa di Renato
Barisani, appartato protagonista della scena artistica italiana del
secondo dopoguerra. Nato nel 1918 a Napoli, dove tuttora vive e lavora,
Barisani nel corso della sua lunga esperienza ha raccolto e interpretato
con coerenza la lezione delle avanguardie storiche, scegliendo fin dal
1950 la strada dell’astrazione. Ed è a partire da questa data, a cui
corrisponde la nascita del Gruppo Napoletano Arte Concreta di cui
artista fu fondatore assieme a Renato De Fusco, Guido Tatafiore e
Antonio Venditti, che prende le mosse il percorso della mostra di cui
momento cruciale è la sala dedicata all’evento del 1954 alla galleria
Medea di Napoli di cui Barisani aveva curato l’allestimento, in
sintonia con te indicazioni più avanzate delle avanguardie
internazionali. L'adesione al M.A.C. (Movimento Arte Concreta) di Milano,
e la partecipazione alle grandi esposizioni dedicate nei primi anni
Cinquanta all’arte astratta In Italia, confermano la linea di ricerca
intrapresa da Barisani che, nel corso degli anni, non interrompe mai la
propria personale sperimentazione sui diversi linguaggi dell’arte.
Piuttosto che ricostruirne fo svolgimento cronologico, il percorso
espositivo sottolinea alcuni nuclei della ricerca dell’artista
napoletano mostrando come Renato Barisani abbia praticato
contemporaneamente pittura, scultura, architettura, design, ceramica,
mosaico, sperimentando materiali e tecniche differenti con
l’intenzione di analizzare le strutture dei linguaggi dell’arte ma
anche rinviando ad un’alterità silenziosa che ha scritto Angelo
Trimarco attraversa l’opera e "nascostamente, agisce nella sua
trama".
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Gruppo Napoletano
Arte Concreta: Berisani, De Fusco, Tatafiore, Venditti.
perché arte
concreta
1954
Con questo
linguaggio il "rappresentare"della tradizione si mutò in
"formare". In questi due termini la differenza sostanziale fra
questa e le altre tendenze dell’arte contemporanea, cubismo compreso
per il quale era, magari di quarta dimensione, sempre un problema di
rappresentazione.
Ma il
rappresentare secondo la nuova concezione della realtà, dove per realtà
non si intende la sola esperienza naturalistica, indusse a tali
apparenti aberrazioni da rendere il discorso dell’arte moderna
incomprensibile. Inoltre esaurita la funzione delle grandi decorazioni e
soppiantata quella di un racconto figurativo, dal nascere dei mezzi
tecnici di rappresentazione, l’arte plastica perse la sua popolarità
e la produzione artistica fu affidata alla comprensione di un élite
spesso scarsamente informata. La sola architettura resistette
all’impopolarità delle altre arti, infatti continuò la tradizione
della cultura figurativa contemporanea senza mai assumere un ruolo
secondario, anzi introducendo e risolvendo i problemi posti dalla
pittura e scultura. Del cubismo prese la concezione dello spazio
quadridimensionale, del purismo la stereometria, del neoplasticismo la
suddivisione del volume in piani che legassero lo spazio interno
all’esterno e persino l’espressionismo trovò il suo equivalente
architettonico. Questo perché l’architettura con la sua funzionalità
non mirava a rappresentare ma a formare.
Formare è un
impegno morale di partecipazione alla realtà, esprime la coscienza
d’essere nella realtà, è agire. I pannelli e le strutture qui
esposte sono delle forme nelle loro reali dimensioni, nel loro colore,
realizzate nella loro materia.
A parte il
valore plastico esse costituiscono lo sforzo di inserire il lavoro
artistico nella produttività contemporanea dall’architettura alla
produzione industriale, la rinuncia di una creatività individualistica
per la collaborazione con altri artefici, l’incontro con gli uomini
sul piano del lavoro.
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