OTTOPERGIOCO
Se
allora tutti mi amavano,
adesso riprovo a giocare
Inaugurazione giovedì 11 gennaio 2001 - ore 18.00
fino al 23 gennaio dal lunedì al venerdì ore 18.00/21.00
Associazione
Culturale SPAZIO ARTE
Via Santa Maria di Costantinopoli, 53 - 80138 Napoli
Mathelda
Balatresi
Tania Merenda
Rosa Panaro
Carmela Maritato
Rosaria
Matarese
Teresa Ricciardiello
Clara Rezzuti
Daniela Pergreffi
Otto
donne in gioco: un’esposizione da Spazio Arte
Otto
artiste in gioco, in una mostra gioiosa e interessante. Si è appena
inaugurata infatti, allo Spazio Arte di via Costantinopoli 53, la
rassegna «Otto per gioCO» che vede in un certo senso schierate
Mathelda Balatresi e Tania Merenda, Rosa Panaro e Carmela Maritato,
Rosaria Matarese e Teresa Ricciardiello, Clara Rezzuti e Daniela
Pergreffi. Quasi disposte in una sorta di formazione sportiva che
prevede la formula del 4+4, che non è lo schema di una squadra di
calcio, bensì un gioco delle parti, appunto, basato sulla differenza di
generazioni e di ruoli, che a quattro artiste di lunga esperienza ne accosta
altrettante esordienti o comunque giovani. Le prime hanno un ruolo di «tutor»,
nel senso che ognuna di esse presenta una giovane artista, formando una
coppia. Così, in una sorta di panoramica sui linguaggi femminili dell’arte
a Napoli, vediamo. un confronto di stili e materiali.
Che
sono quasi «condensati» in una sorta di totem, posto proprio ad .
introduzione del percorso espositivo, fatto di elementi di lavori
portati da ognuna delle artiste. La leggerezza degli Aquiloni della
Rezzuti, che riproducono accostati l’immagine di una cavallo alato,
domina dal soffitto lo spazio della mostra, dando un senso di levità
all’insieme: la figura equina è una sorta di metamorfosi del mitico cavallo
a dondola che accompagnava l’infanzia d’antan, e che ora è solo un
pezzo d’antiquariato. Dell’artista sono esposti anche due
assemblaggi: «Giochi di guerra» e «Giocando con l’arcobaleno». I
lavori della Perfgreffi, artista emiliana ormai di casa a Napoli, sono
di tono differente, basandosi sul tema della scomposizione anatomica.
Testa, mani e piedi come da bambolotti smembrati nel gioco crudele che
fanno i bambini quando vogliono scoprire cosa c’e «dentro», ma le
parti del corpo ottenute
con calchi messi in involucri di cellofan denunciano anche la
considerazione attuale dell’uomo come oggetto diviso in pezzi da
medici, estetisti, pubblicità, in una visione generale che vede ormai
perduta l’integrità dell’organismo vivente. Molto raffinati i
quadri della Balatresi, che oltre alle opere su volti e oggetti da cui
scaturiscono fiamme o lampi improvvisi, espone un dittico «Gioco con il
fuoco» con la visione diurna e poi notturna di un bombardamento in una
scena di paesaggio, tante volte apparsa in tv da sembrare quasi un’icona
contemporanea. Ad essa è accostata la Merenda, che in un’attenzione
eccessiva a certo naturalismo drammatico sfiora temi convenzionali, pur
se cambiandoli di senso. La Matarese col suo grande Pesce grande che
mangia il piccolo ripropone con la ben nota ironia dissacratoria il
lavoro di forte icasticità fatto con materiali poveri, legni spiaggiati,
e ready-made. Così come un
torso maschile appare nell’altro lavoro; ma a metà, diviso, come ad
essere risucchiato dal colore viola. Leggera, ma fino all'eccesso, che
può essere vista come lavoro di poca consistenza, ma è un’opera più
mentale che manuale. La Panaro è come sempre vibrante ed espressiva,
sia nella riproposizione della Pizza napoletana come icona di
cartapesta, che nell’Albero della Libertà, con accenti storici e
richiami alla rivoluzione del 1799. A lei guarda la Maritato, con l’ironia
dei lavori in iuta grezza, semi di mais, ruote di bicicletta con raggi
spuntati. «O’Manicone» e «Tombola o dama?» rivisitano giocosamente
anche l’insegnamento ricevuto da Gerardo Di Fiore all’Accademia, che
con la leggerezza della gommapiuma modula forme come in un continuo
gioco estetico.
Ela Caroli
Tratto dal
"Corriere del Mezzogiorno" del 14/01/2001
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