RENZO PIANO
Out
of the Blue
Museo Pignatelli - Napoli
24 aprile / 7 luglio
Una mostra Renzo Piano Building Workshop
con la partecipazione
della
Soprintendenza per i Beni
Artistici e Storici di Napoli
La mostra presenta una selezione di otto progetti del Renzo Piano Building Workshop, che rappresentano alcune delle differenti tipologie del lavoro svolto.
L'intento dell'esposizione è da un lato quello di esprimere in qualche modo l'atmosfera della "Bottega" che si respira a Parigi e a Genova, esponendo i modelli ed i disegni originali relativi ai singoli progetti, e dall'altro di offrire al visitatore una chiave di lettura per ogni singolo lavoro.
Ogni progetto è esposto su grandi tavoli di sei metri per uno, sui quali è possibile ricostruire la sua storia attraverso l'uso di materiali eterogenei: schizzi, disegni modelli e fotografie.
La selezione dei progetti esposti offre una panoramica sulle tappe ed i temi più importanti affrontati dal Renzo Piano Building Workshop.
Il tavolo dedicato al centro Georges
Pompidou a Parigi, mette in evidenza le fasi più importanti di
questo progetto che ha stravolto lantico concetto di museo
e centro per la cultura, trasformandolo in un luogo "amico.
Dal Concorso al cantiere, dallattiguo IRCAM (centro per la
ricerca musicale) allAtelier Brancusi inaugurato lo scorso
Gennaio, sino al progetto di ristrutturazione degli spazi del
Centro previsto per lanno duemila.
Il Laboratorio di quartiere di Otranto è invece il lavoro dove sono espressi temi quali la partecipazione, la socialità, attraverso un esperimento fatto in collaborazione con UNESCO e, mirato a una nuova metodologia dintervento per il recupero dei centri storici.
Il museo per la Menil collection di Houston è il luogo della calma, della riflessione, lopposto del Beaubourg. In questo progetto luso della luce naturale è uno degli elementi essenziali, così come la trasparenza e la leggerezza, anche questo lavoro ha avuto un seguito con il padiglione Cy Twombly di recente realizzazione.
Lintervento residenziale alla Rue de Meaux a Parigi, dove si è cercato di dare una risposta di qualità ad un progetto di edilizia economica pubblica. In questo progetto la natura diviene parte integrante dellarchitettura a sua volta caratterizzata dalluso del rivestimento in terracotta GRC che da ricchezza di grane e colore alla superficie.
Il Centro culturale Jean Marie Tjibaou in Nuova Caledonia, esprime da un lato la leggerezza dellintervento in un luogo in cui la natura è certamente lelemento caratterizzante più forte, e dallaltro la modernità del guardare alla tradizione per progettare il nuovo.
Laeroporto Kansai a Osaka in Giappone, è certamente uno dei progetti più importanti per dimensione e caratteristiche tecnologiche. E' questo il lavoro che meglio esprime il legame tra la tecnologia e larchitettura. Si tratta di un edificio lungo un chilometro e settecento metri la cui sezione trasversale è suggerita dai flussi daria interni e la cui struttura è stata pensata per fare fronte ai terremoti.
Infine lultima coppia di tavoli
presenta due importanti progetti urbani.
Lintervento nel Porto Antico di Genova che rappresenta
assieme un grande lavoro di restauro e di rivitalizzazione di una
vasta area industriale storica dismessa nel cuore della città.
Il progetto per la ricostruzione di Potsdamer Platz a Berlino, uno dei più grandi cantieri del mondo, dove si ricostruisce una posizione di città cancellata prima dai bombardamenti e successivamente dalla politica internazionale e dagli urbanisti. Una grande scommessa per questo fine secolo ricostruire in soli pochi anni un pezzo di città.
I grandi tavoli ripropongono l'idea di
bottega, consentono al visitatore di studiare indagare toccare
ogni singolo lavoro esposto ricostruendo il processo progettuale,
dall'analisi del sito, al progetto alle immagini del finito.
Un portfolio iniziale dà le informazioni essenziali relative ad
ogni progetto.
L'insieme dei tavoli è accompagnato da una "quadreria" di disegni originali, e da una serie di modelli relativi a tutti i lavori e non ai soli otto selezionati.
Ottorino Celano
archittetto napoletano è uno degli organizzatori della mostra,
conobbe Renzo Piano durante i lavori al primo e secondo lotto del
Lingotto di Torino, in quella occasione svolgeva una serie di
consulenze per questa realizzazione, da quel momento iniziò a
frequentare lo studio di Piano in Piazza Matteo a Genova ed in
seguito quello di Venezia a Punta Nave. In entrambi i casi il
loro rapporto è sempre stato di amicizia e non di lavoro, non ha
mai fatto parte della struttura dei collaboratori di Piano.
All'arch. Celano abbiamo chiesto cosa c'è dietro il "mito
Piano" ed a tal riguardo ci ha detto:
"... io credo sicuramente una grossa tenacia, forte
personalità, un impegno che sicuramente è fuori dal comune, un
minuto suo in certe occasioni può valere anche settimane di
altre persone. Riesce al di là dell'intuito ad avere una
capacità di riflessione, di cogliere il problema nel suo aspetto
generale, ed in qualsiasi componente minima di dettaglio, cioè
riesce a controllare il progetto; tutto questo senza essere
autarchico infatti valorizza moltissimo le collaborazioni degli
altri, che d'altronde danno dei grossi contributi alle sue idee.
Questa secondo me è la sua dote più grande. Nel lavoro è
capace d'impegnarsi per risolvere un problema ore ed ore, trovare
le soluzioni, affrontare delle varianti, discutere di queste e
rimettere in discussione tutto. Non credo che sia un mito, i miti
senza contenuto sarebbero dei giganti con i piedi di argilla,
cadrebbe il mito se non è strutturato in questo modo; lo sarebbe
solo per qualche episodio ma non per tutta la sua vita. L'arch.
Piano da almeno venticinque anni è stato coerente nel suo
percorso di lavoro; dalla sua prima opera importante il "Centro
Pompidou" fino all'ultima di Sidney, possiamo
avere sempre un'ascesa non delle cuspidi, in questo c'è anche
molta tecnica, un impegno di studiare qualsiasi particolare.
Quando si dice che Renzo valorizza una delle componenti
dell'architettura la "tecnologia" io credo che nessuno
possa dire una sciocchezza più grande del genere, o perché non
lo conosce oppure perché non vuole conoscerlo. Questa è
fondamentale nella sua architettura ma facciamo un passo
indietro, nell'età Aurea, nella Classica, nel Rinascimento
italiano, la tecnologia era fondamentale, infatti si costruiva lo
strumento che permetteva di realizzare l'oggetto, esso
rappresentava la base per creare il tutto, strumento e oggetto
erano in simbiosi. Oggi l'attenzione è sicuramente rivolta ad
altri tipi di componenti che sono fondamentali per
l'Architettura".
Come è nata l'idea di organizzare la
mostra che attualmente si tiene a Napoli?
"Piano nel 1983 allestì una mostra di
dimensioni ridotte per un certo periodo a Napoli. In genere le
realizza o sulle sue opere in generale o in particolare su una
specifica come quella sul Lingotto in cui
era mostrato il progetto prima che fosse concluso nelle sue fasi
operative di costruzione.
L'idea di allestire la mostra, secondo una mia impressione, è
sorta per fare un punto sulla sua attività, per guardare da
spettatore il lavoro svolto da protagonista ed individuare
perché no, eventuali difetti, cioè oggettivandoli.
In contemporanea alla mostra è uscito il libro Appunti
di cantiere, in questo sono presentati 50 progetti
fatti negli ultimi trent'anni di attività, nel CD ROM invece
sono illustrati di questi solo quattordici, mentre nella mostra
è possibile vedere otto progetti.
E' stata organizzata a Napoli fondamentalmente perché c'è stato
uno scambio di mostre, come normalmente avviene tra musei, fra
quello di Bonn col quale è stata inaugurata la mostra nel
gennaio '97 ed il Museo di Capodimonte di Napoli.
Quindi è un caso che si sia tenuta a Napoli.
Nella sua attività professionale, la
metodologia di Renzo Piano quanto ha inciso o incide?
"Quando ho frequentato la facoltà di
Architettura durante il '68, ero tra quelli che fondamentalmente
negavano la disciplina ...scioccamente, questo sia perché non
riconoscevamo delle forti personalità che potessero fare scuola
sia perché noi sessantottini negavamo la disciplina; non ho
avuto mai modo di lavorare con intensità, con la quale credo
lavori Renzo Piano sulle componenti, sulla disciplina e le sue
varie componenti. Per cui mi posso senza farmi un torto dire che
opero nell'architettura come un qualsiasi architetto napoletano
ed italiano senza una grossa scuola alle spalle, senza dei
riferimenti, cerco e per me è un complimento se mi dicono che io
faccio della buona edilizia. Perché immagino che se un
professionista facesse almeno della buona edilizia, potrebbe
sicuramente fregiarsi del titolo di architetto, che considero un
grande titolo. Oggi in Italia, la maggioranza degli architetti,
non fanno nemmeno della buona edilizia; le nostre città sono
l'esempio di edilizia indecente o indecorosa".
Attualmente in cosa sta' lavorando?
"Sto ultimando la realizzazione del Parco Giochi a
Civitavecchia, mentre per quanto riguarda Napoli, ci sono
probabilmente delle occasioni sulla variante della zona Orientale
e su alcune aree dismesse nella medesima zona. L'attuale variante
dell'area Orientale è una buona base di partenza per fare una
variante vera su quest'area e personalmente la mia posizione è
favorevole".
Dalla piacevole conversazione con l'arch. Ottorino Celano ci congediamo con la nostra piazza telematica, ripromettendoci di ritrovarci a parlare insieme del prossimo appuntamento su Renzo Piano e perché no, anche di altro!
11.06.97 - Alessandra Guerra
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