L’ARTE DI MAROTTA JUNIOR A NAPOLI

Dal 17 maggio al 2 giugno 97 in via Giuseppe Marotta 12 nelle sale di S. Pietro Martire espone i suoi lavori di pittura, scultura e opere a monografia il prof.Giuseppe Marotta , figlio dell’indimenticabile autore de "L’oro di Napoli" scrittore e poeta napoletano, di cui il comune di Napoli volle onorare la sua memoria dedicandogli questa via del quartiere Pendino.

Il Marotta Junior già ha avuto occasione di far conoscere la sua arte ai napoletani in precedenti mostre a Castel dell’Ovo e a palazzo Serra di Cassano.

Il pubblico intervenuto all’inaugurazione - avvenuta in contemporanea negli stessi locali con la 1° mostra dell’Artigianato Orafo Napoletano - ha tributato all’artista competenti apprezzamenti per i suoi lavori.

La redazione dell’associazione culturale "Interviù" riporta qui di seguito alcuni cenni biografici dei Marotta Senior e Junior gentilmente rilasciateci da quest’ultimo.

17.05.1997 - Bruno Carrano


GIUSEPPE MAROTTA
pittore - via f.lli Betti, 115- 16035 Rapallo (GE).

Giuseppe Marotta, nasce a Milano il 30 Novembre 1929 ed è pittore per vocazione dall’età di sette anni quando il padre, lo scrittore napoletano, in occasione del compleanno gli donò una moneta d’argento da cinque lire che il figlio tramutò in due piccole tele, pennelli e una gamma di colori ad olio; in questo modo è nata la tendenza dell’artista, continuata, assieme agli studi, nel tempo.

A diciott’anni Marotta entra in pubblicità come grafico e copywriter, senza tralasciare le esperienze pittoriche, affidando per simbiosi una espressione più essenziale del disegno.

Il pittore compie così il tragitto inverso solito agli artisti degli ultimi cento anni e cioè, pur mantenendo i canoni della sintesi si avvia lentamente verso una figuratività maggiore, mette in atto, con una soluzione tecnica unica quanto accattivante, l’antica consuetudine delle scuole dei maestri, artisti ma anche artigiani che da soli si approntavano i colori.

Marotta infatti, su un disegno scandito nei volumi, simile ad un puzzle, dipinge a collage con una tavolozza di oltre cinquanta tonalità di sabbia prepigmentata, che mescola in sfumature luminose lasciandola cadere a pioggia sulla parte collata. Il risultato è davvero sorprendente, l’aspetto di codeste sabbie che pian piano si uniscono danno ad opera finita la sensazione di un prezioso affresco, i colori e la materia risultano, anche con accostamenti contrastanti, molto equilibrati non privi di una certa sensualità.

Marotta dopo l’esperienza pubblicitaria, che lo ha portato ad essere proprietario di una agenzia a servizio completo, sentendosi maturo per una professione ancor più nobile, abbandona ed esordisce con una personale alla galleria Strasburgo di Milano. Inizia da qui il suo tragitto ufficiale che continuerà sino ad oggi con oltre trenta personali di cui si dà qui di seguito segnalazione delle più importanti:

"La fornace"-Asti; Galleria d’arte Triade-Torino; Galleria Sagittario-Milano; Castel dell’Ovo-Napoli; Museo di Milano-Milano; Gli Arsenali-Amalfi; Palazzo Sormani-Milano; Comune di Salerno-Salerno; Palazzetto dell’Accademia-Orta San Giulio; Centro per gli Studi Filosofici, Palazzo Serra di Cassano-Napoli; Villa Comunale-Milano.

Il pittore Marotta è altresì scultore e crea più figurazioni di ogni soggetto con i suoi multipli e gioielli. Poeta e scultore, ha pubblicato tre romanzi rispettivamente con "L’ALFIERE", la Casa Editrice Bietti e Bompiani. Con il libro "Si rilassi.." ha conseguito nel ’72 il Premio Viareggio. Opere a monografia su volumi di grande formato fuori commercio, su testi dello scrittore napoletano Giuseppe Marotta e precisamente: "A Milano non fa freddo", "L’oro di Napoli", "Le madri".


Nel 1996 si è tenuta a Milano nella biblioteca SORMANI, con l’organizzazione del Comune di Milano, la presentazione del libro "Le Madri" di G. MAROTTA.

In tale occasione il figlio Marotta junior ha esposto codesta prefazione introduttiva alla lettura del libro.

PADRE MIO...

Assolvimi. Prendo alcuni di quei fogli a righe a te cosi cari e inizio una minuta che vorrebbe vantarsi d’esser promossa poi a bella copia (tu li occupavi con una calligrafia precisa, interrotta, di tanto in tanto, da cancellature insistite che non lasciavano suono alle parole giustiziate). I filari delle parallele mi aiutano ad interrompere il mutismo del foglio bianco poiché il mio impegno è arduo. Mi sostituisco a relatori illustri, mi arrogo l’introduzione al volume Le Madri. Voglio considerarlo un premio alle battaglie che ho condotto in questi ultimi anni per la gloria dello scrittore Marotta. Lascio dunque il pennello e m’immergo fulmineamente nel "vizio di penna". Posso dire che in questo frangente è anche cosa mia, qui si tratta di madri ed ho la sorte di poter seguire con le mie parole un duplice immaginabile indirizzo.

Queste pagine narrano molteplici storie di madri nelle quali, particolari vicende, talvolta sfiorate da un’aura di nobilitante surrealismo, paiono essenziali nel denunciare il tuo modo letterario, suggeriscono, senza sospetto di retorica, come da adulti dovremmo restituire alla genitrice le nenie o favole che ci cullarono da bimbi. Ci inviti ad una madre guida ed olocausto, lo scrigno di ogni pena e sacrificio. Una immagine che si divinizza in noi sino a farci ipotizzare una Madre-Madonna.

Noi mediterranei, accomunati in questa e tuttavia divisi in milioni di fiabe. Ma in Le Madri la tua personale fiaba mi è parsa incompleta. E’ per questa ragione che ho voluto inserirvi parte della commossa prefazione che compare ne L’Oro di Napoli. Un atto d’amore purissimo dal quale noi tutti vorremmo rubare le parole. Parole che vanno di sicuro oltre la definizione ippocratica della maternità: "Condizione di perfetto equilibrio fisiologico in cui nella dinamica dei fluidi corporei si stabilisce un rapporto armonico che elimina sia pure temporaneamente il male in ogni donna". Per la mia convinzione, quel "temporaneamente" si allunga all’infinito. Oltre il tuo "I morti stanno soltanto nel nostro cuore di vivi: riunitissimi, omogenei, se noi gente di qualsiasi ceppo riusciamo a capirci e ad amarci; altrimenti si ignorano e non sono che perduta materia, schegge di legno sotto il banco del falegname, silenzio e buio". Vado oltre perché - anch’io mi sento della partita "prosa e segno": l’aver celato l’intelletto nelle opere, ci permetterà l’esercizio della coscienza oltre la materia.

Padre mio, ho ancora dell’ultimo ricordo un petalo della rosa che lasciai scivolare nel tuo involucro. Oggi che il mio corpo già sconta l’antica giovinezza insisto con maggior determinazione a porre sulla tela, come tu hai voluto sulla carta, i temi invincibili dell’essere. Saranno la corsa parallela, il viaggio delle nostre anime nei cieli. No, non saremo schegge di legno sotto il banco del falegname. La rosa che in un intervallo fu tristezza sai che ha un petalo per ognuno di noi. Farfalla dalle ali scarlatte, suggerà dal creato il futuro della memoria per non essere ignorati.

Giuseppe Marotta jr.


Giuseppe Marotta nasce a Napoli in via Nuova Capodimonte il 5 aprile 1902, a Napoli trascorre l’infanzia, la giovinezza.
Nel 1927 si trasferisce a Milano e lavora come correttore di bozze Mondadori.
Mondadori, in quell’anno, vende i suoi periodici a Rizzoli il quale lo promuove redattore. Si sposa.
Inizia il sodalizio con Cesare Zavattini.
Scrive in quel periodo tre o quattro elzeviri al mese su un quotidiano di Genova.
Nel 1932 li raccoglierà nel volume "Tutte a me". Adriano Tilgher gli dedica un autorevole cenno e "Questa volta mi sposo".
Si licenzia da Rizzoli e vive di collaborazioni: sul "Guerin Meschino" e con Fraccaroli, Simoni Veneziani ecc.
Poi Rizzoli lo vuole al "Bertoldo".
Nel 1934 "Divorziamo per piacere" e "Mi voglio divertire".
Nel 1938 pubblica a puntate sulla "Illustrazione Italiana" il romanzo umoristico "Mezzo Miliardo". Garzanti lo stampa in volume e ne fa sei edizioni. Nel 1940 collabora a "Film", settimanale di Mino Doletti.
Nel 1941 pubblica "La scure d’argento".
Sempre nel 1941 Alfredo Signoretti lo invita a collaborare nella terza pagina della "Stampa".
Nel 1942, chiamato da Aldo Borelli va al "Corriere della Sera".
Nel 1946 l’editore Elmo pubblica "Nulla di serio".
Nel 1947 raccoglie una quarantina di capitoli in un libro che pubblica Bompiani ed è "L’oro di Napoli". E’ questo il libro che lo consacrerà alla storia della letteratura italiana, l’espressione più alta della cultura napoletana di Marotta. Piacque ad Alvaro, a Cardarelli, a Bo, a Quasimodo, a Carreri, a Vigorilli, ecc. (Per citare alcuni nomi).
Gli fu assegnato il premio Paraggi.
Dice Franco Berutti: "Marotta (al tempo in cui scrive in terza pagina sul Corriere) è oggi lo scrittore che in Italia riceve più lettere dagli ammiratori: le attestazioni di stima dei lettori diventano di giorno in giorno sempre più abbonati: le punte maggiori si registrano nei giorni che seguono immediatamente la pubblicazione di un suo articolo sul Corriere.
I messaggi dei lettori non sono mai diretti alle qualità stilistiche dello scrittore (questo è compito della critica che non lesina le sue lodi), ma hanno sempre una chiara allusione al "cuore" di Marotta, a quel mondo che egli trasferisce nei suoi scritti e che ogni lettore sente essere suo.
"Andrò sulla tomba di sua madre a portare fiori" scrisse una donna quando lesse un articolo che Marotta dedicò alla genitrice; "Napoli mi è ignota, ma è come se ne fossi diventato un cittadino" scrisse un sessantenne, abitante a Venezia, colpito dalla lettura dell’oro.
Le circa duecento pagine dell’Oro debbono considerarsi come il breviario della saggezza di quella Nazione come fu una volta Napoli effettivamente.
L’opera di Marotta è il più degno seguito alle pagine della Serao, di Scarpetta, di Di Giacomo e Viviani con la differenza che i primi scrissero di una materia umana attiva e viva e Marotta nel momento della sua fase degenerativa.
Oggi, l’Oro, San Gennaro non dice mai no, gli alunni del sole, si configurano come un summa del salvabile della vecchia città-regno, e con una pregnanza simile agli articoli sintetici di un’enciclopedia ed un’utilità di particolari e di dati definitivi forse introvabili nelle pagine dei suoi stessi predecessori.
(Domenico Rea - Fiera letteraria - Ottobre 1963)
Nel 1947 Marotta torna a Napoli.
Nel 1948 pubblica "San Gennaro non dice mai no" (Raccolta di pagine di viaggio scritte per il corriere) e "Le avventure di Charlot".
Nel 1949 "A Milano non fa freddo".
Nel 1950 "Un padre in paradiso". (in sipario sceneggiatura cinematografica)
Nel 1951 "I dialoghi".
Nel 1952 "Gli alunni del sole" e "Le madri".
Nel 1954 "Coraggio, guardiamo" (Premio Bagutta)
Nel 1955 "Salute a noi" e "Cavallucci di carta".
Nel 1956 "Questo buffo cinema"; (recensioni cinematografiche) ed "il Califfo Esposito" ed altre commedie. (con Belisario Randone)
Nel 1957 "Bello di papà". (con B. Randone)
Nel 1958 "Marotta ciak" (recensioni cinematografiche) Premio Viareggio e "Mal di Galleria" (Leo Longanesi dirà: "Caro Marotta i tuoi racconti sono splenditi, non populisti e, soprattutto, veri. Mi fa piacere dirtelo: non si sa più cosa leggere in questo paese di premiati".
Montale: "Marotta ci consegna il succo delle sue esperienze milanesi nella rutilante visione di una città moderna in cui l’uomo è appena l’anello, il dente di un ingranaggio in perpetuo movimento. Bravo!"
Carlo Bo: "Il giorno che si farà un’antologia ‘comandata’ della narrativa del secolo, comandata da Milano, si vedrà che Marotta occupa un primo posto nell’invenzione poetica della città.
Nel 1959 "Veronica e gli ospiti". (Commedia con Randone)Nel 1960 "Gli alunni del tempo"; Premio Napoli.
Nel 1961 "Il vento in gabbia".
Nel 1962 "Canzoni".
Nel 1963 "Pietre e nuvole - Facce dispari (recensioni cinematografiche) - Le milanesi (Premio Settembrini) - il teatrino del pallonetto (postumo)"
Nel 1964 "Il contratto" opera lirica - musica di Virgilio Montari (Randon).
Per anni è il critico letterario dell’Europeo.
I suoi libri sono stati tradotti in tutte le principali lingue.
Desidero per tutta la vita che gli venisse conferita una laurea "honoris causa" e non sarebbe stato difficile in un paese dove tutto inizia e tutto finisce al fatidico "pezzo di carta", ma, curioso, questo onore a lui non spettò mai, e non aveva fatto poco per meritarselo!
Poco dopo aver scritto la riga definitiva del suo ultimo volume, la sera del 10 Ottobre 1963, spirava per un edema polmonare ed ictus celebrale, nella sua casa a Napoli.
Si era cosi compiuto, dopo quasi un giorno di agonia, quel destino che egli aveva intuito qualche anno prima, quando su l’Europeo, aveva scritto, alla solita maniera scherzosa, "Uffa. Che odiosa età è la mia. Ho atteso per centinaia di millenni il momento di nascere e quasi non mi va di attendere per i tre o quattro anni che mi restano da vivere, il momento di morire!"


Copyright (c) 1997 [Interviù]. Tutti i diritti riservati.