GIOVANNA MURABITO D'ANNIBALE
RISPONDE PIETRO
GARGANO
Torna a casa il piano di «’O paese d’
’o sole»
Sono la vedova di Vincenzo D’Annibale e sono felice
perché il 29 luglio, dopo quarant’anni, è tornato a casa - in via Nuova
Poggioreale 40 - il pianoforte su cui mio marito compose «’O paese d’ ’o
sole» e tante altre melodie immortali.
Dopo la morte di Vincenzo prestai volentieri lo strumento allo studioso
Tafuri perché lo esponesse nelle mostre, in attesa del Museo della canzone
napoletana. Da lui passò a Bideri, allo stesso scopo. Ogni tanto andavo a
vederlo, in un sottoscala della sede di Bideri a San Pietro a Majella,
finché non fu trasferito a causa dell’umidità al piano di sopra e diventò
difficile anche vederlo. Allora ho chiesto di riaverlo. Nel frattempo il
pianoforte era stato affidato per il restauro a Carlo Napolitano.
Finalmente ora l’ho riavuto. Quando il Museo si farà ne riparleremo, se
sarò ancora viva.
Sono la seconda moglie di Vincenzo. Rimasta vedova a 32 anni, sono stata
qui a coltivare il suo ricordo con amore. L’11 settembre ho avuto la gioia
di salutare con una piccola ma grande festa il ritorno del pianoforte. Il
piano è stato affidato al maestro Renato Laino e poi a Giuseppe Schirone
direttore dell’Accademia musicale Caruso. Il tenore Carlo Savarese ha
cantato «’O paese d’ ’o sole», il baritono Federico De Curtis ha risposto
onorando i suoi avi con «Torna a Surriento». E poiché c’era anche il
figlio di Cannio, Federico, gli si è reso omaggio eseguendo «’O surdato ’nnammurato».
Erano presenti i miei figli e i miei nipoti; il collezionista Roberto
Cortese; Bruno Carrano e il figlio avvocato Gennaro che mi ha aiutato
nelle pratiche legali con Bideri di Roma per riottenere lo strumento; il
pronipote di Giuseppe Anepeta, Mario; molti esponenti dell’Accademia
Caruso con Franco Amoroso che ha condotto la serata; il presidente della
circoscrizione Poggioreale, Finicelli. Mario Sparavigna ci ha fatto
sorridere con le sue battute. È stato proprio bello.
Giovanna Murabito D’Annibale NAPOLI
La signora Giovanna ha 87 anni e ha vinto una
battaglia. Non lo dice per eleganza, ma ha dovuto sostenere di persona le
spese del restauro. Il Museo della canzone aspetta ancora, ma la signora
ha onorato la memoria del marito e ci permette di ricordarne l’arte.
Vincenzo D’Annibale nacque a Napoli il 22 maggio 1894 e vi morì il 14
aprile 1950. Una canzone soprattutto gli diede la gloria: «’O paese d’ ’o
sole», composta nel 1925 su versi di Libero Bovio che gli fu amico
nonostante le sconfitte a scopone e tressette. Fu eseguita a Piedigrotta,
ma gli editori non la apprezzarono e la affidarono a un’esordiente, Leda
Ledi. Il successo fu strepitoso e nelle sere successive grandi cantanti
fecero la fila per chiedere di interpretarla. Ma D’Annibale - e l’episodio
è indicativo del carattere generoso - volle che rimanesse alla Ledi.
Conosceva la musica classica a fondo, essendosi diplomato nel
conservatorio di San Pietro a Majella nel 1913. Tenne molti concerti
applauditi. Gli fu offerta la direzione del conservatorio di Mosca, ma
rifiutò per sposare, nel 1918, Concetta Longino. Ebbero sei figli, «i miei
gioielli» diceva il compositore, anche se quando sedeva al pianoforte gli
impediva perfino di fiatare. Nel 1926, da direttore concertista, organizzò
la serata in onore del principe Umberto di Savoia che volle riceverlo a
corte per ringraziarlo.
D’Annibale, figlio unico, nel 1930 ereditò dal padre una solida industria
produttrice di guanti nella zona della Sanità e la rilanciò a livello
internazionale. Aveva una bellissima casa in vico Purità a Foria, con due
giardini e tre terrazze. Una stanza ospitava un enorme presepio con
pastori dell’Ottocento napoletano. Nel verde, d’estate, e nei saloni,
d’inverno, teneva grandi feste per decine di amici, ingaggiando perfino
dieci cuochi ogni volta. Organizzò scampagnate e audizioni di Piedigrotta.
Tanta generosità e qualche investimento sbagliato nel campo dello
spettacolo - aveva il pallino di fondare compagnie - gli procurarono
problemi economici, vissuti con estrema dignità.
Più tardi D’Annibale si trasferì in via Duomo, a pochi metri da Bovio che
scrisse la prefazione a un suo elegante libretto fuori commercio, in 400
copie, che raccoglieva 24 canzoni, «fiori vermigli sbocciati da
napoletanissimo cuore». Bovio gli affidò anche «Tu ca sì mamma» e «Maggio
m’ha scritto». Tra le altre cento canzoni vanno citate «’E denare d’ ’o
nfinfirinfì» con Ferdinando Russo e «Casarella a Marechiaro» con E.A.
Mario.
Gli impegni aziendali rallentarono fatalmente l’attività musicale. E la
sua vena si affievolì quando cominciarono i dolori. Il figlio Peppino, a
vent’anni, fu inghiottito dal mare di Napoli: era un eccellente nuotatore,
gareggiava per un circolo sportivo, eppure affondò a pochi metri dalla
riva, forse ucciso da un infarto. Per un improvviso male morì anche la
moglie Concetta; D’Annibale si risposò con la nostra Giovanna che fece da
madre ai sei figli, tra cui Vincenzo anch’egli industriale-compositore.
D’Annibale è sepolto nel recinto degli Uomini Illustri a Poggioreale. Nel
1989 Napoli gli ha dedicato una via al Vomero, nella zona degli artisti.
Ora Giovanna può riaccarezzare i tasti del suo pianoforte.
Copyright
(c) 2004 [Interviù]. Tutti i diritti riservati.
Web Master: G.C.G.